sabato 27 febbraio 2010

Felice Compleanno



27 febbraio 2010
A Ginevra!

mercoledì 24 febbraio 2010

Stella distante di Roberto Bolaῆo

Da un' intervista all'autore:

"Giornalista: Com'è il paradiso?
Roberto Bolaῆo: Come Venezia, spero, un posto pieno di italiane e di italiani. Un luogo da usare e consumare e che sa che niente dura, neanche il paradiso, e che questo in fondo non conta".

Ho appena ricevuto in regalo il romanzo “Stella distante” e, cercando di saperne qualcosa dell’autore, nuovo per me, ho fatto una giratina nella rete. La risposta dello scrittore mi ha veramente colpita. Forse io avrei aggiunto che Venezia è da preservare, ma credo che lui non contempli questo presupposto.
Ne saprò di più dopo averlo letto.
Nounours

Aleph di Borges

Da un articolo di Andrea Invernizzi
[...] Aleph letteralmente significa zero, deriva dall'alfabeto ebraico, ed è anche usato in matematica per indicare la cardinalità delle numeralità, ovvero il numero degli insiemi di un insieme finito. L'Aleph-zero è considerato il numero più piccolo che si può concepire, una sorta di atomo, e in questa concezione è utilizzato nel linguaggio di Borges, dove l'Aleph è da considerarsi come un punto di inizio verso cui tutte le cose fanno ritorno e a cui tutte le cose tendono. L'Aleph inteso da Borges, è l'inizio, il tutto, la fine; l'Uno plotiniano, dal quale tutte le cose per emanazione nascono e ad esso tendono di ritornare, in esso come in Plotino che quanto in Borges, tutto nasce e perisce. L'Aleph per Borges è questo, il tutto, che passando tramite il platonismo ed il neo platonismo, si arriva a concepire un Aleph-Dio nell'accezione cristiana del termine, dove tutto si crea e si distrugge, dal quale tutti gli spiriti ambiscono a tornare; citando Platone: "Ogni filosofo desidera la morte", morte che lo riporterà al mondo ideale, quindi Iperuranio per Platone, L'Uno per Plotino, il Regno dei Cieli per il Cristianesimo, ed azzardando una teoria escatologica in Borges, potremmo dire l'Aleph per Borges.

lunedì 22 febbraio 2010

Benvenuta Stella


Daniel Pennac

Citazione:
" Le temps de lire
comme le temps d'aimer
dilate le temps de vivre"
Daniel Pennac

sabato 20 febbraio 2010

Raggio di luce

Marilyn di Stefano Arienti


Sei un raggio di luce
Mi appare al mattino, al mio risveglio
I tuoi occhi splendenti mi aprono il cuore,
le tue parole dolci, cantano la più bella canzone
e la tua anima candida è piena di vita e d'amore.
Sogno fatto realtà


Come farei senza di te,
se non sapessi che esisti,
che sei, lontana, ma vicina nello stesso momento.
Vera e unica,
tenera donna appassionata,
tu sollevi il mio desiderio al di sopra del tempo, oltre lo spazio,
nel cielo limpido, colmo di colori
Accompagni i miei giorni
senza più nuvole.



Poesia di Hiroshime




giovedì 18 febbraio 2010

martedì 16 febbraio 2010

IL MIO NOME

Una telefonata di un’amica che si fa sentire dopo tanto, mi entusiasma e, nel ritrovarla, affondo in un fiume di parole, scordando il tempo che scorre. E ora sono in ritardo per l’abituale pasta al sugo, come pranzo. Così presa dall’emozione per l’amicizia riconfermata, non ho prestato attenzione all’orologio.
E’ tardi! Mi fa notare mio figlio Marco: il papà e Matteo saranno qui a momenti.
Svelta, svelta mi organizzo in cinque minuti. Metto l’acqua sul fuoco, sbuccio due spicchi d’aglio, prendo la casseruola dallo scolapiatti…ma dov’è? Ah, sì! Eccola appoggiata sul piano-cucina, ancora da lavare. La lavastoviglie è rotta, con la pompa dell’acqua bloccata. Lavo il tegame in fretta sotto il rubinetto e lo faccio asciugare sul gas, così intanto si scalda. Nel frattempo l’acqua bolle, butto la pasta e da questo momento non ho che otto minuti esatti per il sugo.
Introduco nel tegame caldo l’aglio, l’olio e la passata di pomodoro, intanto che la pasta ha ripreso a bollire e l’amido schiuma, straripa e cola dal bordo della pentola; si riversa nella bocchetta del gas che si spegne sfrigolando. In quel pugno di secondi compresi nel caos, le trenta righe di “il mio nome è” mi scorrono in sovrimpressione sulla parete a ridosso del piano cottura. Scorrono pensieri splendidi, immagini vive. Ho un’urgenza impellente, spiego ai familiari sopraggiunti in quell’istante. Faccio io!, concorda mio marito di buon grado. Faccio io!, sono le parole che gli piacciono di più e che io mai avevo udito prima così soavemente.
Prendo carta e penna e scrivo. Cerco di rincorrere quel meraviglioso susseguirsi di parole, quello squarcio di creatività che spesso mi si apre, sotto stress. Scrivo cercando di ricostruire la genesi del mio nome… Provo a buttar giù le parole intraviste nell’amido schiumoso sobbollente… sono una di quelle bollicine che si gonfiano e scoppiano ma tutto si confonde e diventa sostanza informe: una pellicola biancastra. Di tutte quelle parole non è rimasto che un piatto di maccheroni fumanti che mio marito mi mette sotto il naso, sopra il foglio di carta e… non mi resta che abbandonare la penna… lasciandole fuggir via.
Alzo lo sguardo verso il marito e quasi mortificata gli chiedo: secondo te come mi chiamo?

Dal punto di osservazione di un geco



Mondo... mi raccomando!!!

Per questa immagine ringrazio la mia amica Laura*


Nounuors

Ripropongo



Emily Dickinson





Come se il mare separandosi

Svelasse un altro mare,

questo un altro, ed i tre

solo il presagio fossero

d’un infinito di mari

non visitati da riva-

il mare stesso al mare fosse riva –

questo è l’eternità.


lunedì 15 febbraio 2010

Altri tempi





Dipinto
di
Giovanni Segantini

domenica 14 febbraio 2010

14 Febbraio 2010 S. VALENTINO


Da "frasi d'amore"


Se guardi in cielo e fissi una stella, se senti dei brividi sotto la pelle, non coprirti, non cercare calore, non è freddo ma è solo
amore.

sabato 13 febbraio 2010

In volo per l'Australia

Sono partiti oggi tre carissimi amici: papà, mamma e figlioletta di nove anni, per andare a vivere dall'altra parte del globo.
Già ne sento la nostalgia e comincio ad aspettarli per quando ritorneranno in Italia in vacanza.

giovedì 11 febbraio 2010

martedì 9 febbraio 2010

Foto di carnevale a Venezia

Questa
foto
mi evoca
Cecilia
del romanzo
"Stabat Mater"
Nounours

Simpatia del carnevale


domenica 7 febbraio 2010

Volo dell'Angelo in Piazza S.Marco



Oggi
il via
al carnevale
di
Venezia







sabato 6 febbraio 2010

Musica per chitarra

Esecuzione di Davide Nicolosi

per l'ascolto cliccare:

http://www.youtube.com/watch?v=S8GM5xjwEx4

http://www.youtube.com/watch?v=QcVkGCvOZyI&feature=related

Benvenuta Cindry!


Benvenuti: Claudio, Aldo, Marco.

Ho pensato che anche gli uomini gradiscono i fiori. Ho piacere di salutarvi con una rosa, scusandomi del ritardo per Claudio e Aldo.

Nounours

mercoledì 3 febbraio 2010

Sognando L' Australia

Dalla mia corrispondenza privata pubblico due lettere che forse sono utili alla riflessione di come vanno le cose in questo nostro bellissimo ma debolissimo Paese.



Espatrio


Carissimi,

siamo così poco abituati al silenzio, all'assenza di stimoli sensoriali, ad aprire un varco nelle nostre giornate piene di azioni vane, che il solo pensiero di sedersi per scrivere una lettera, ebbene sì proprio una lettera, ci disorienta completamente.
Eppure è questa una pratica che fatico ad abbandonare.

Ma veniamo all'Australia.
Come riuscirò a sintetizzare in poche righe un sogno che si perde oramai nel mio passato lontano?
Intanto si invecchia, e con il trascorrere del tempo noi cambiamo, i nostri sogni mutano di forma, dimensione e colore...

Non ricordo più chi disse che gli uomini divengono tanto più infelici quanto più si allontanano dalla loro intima natura. Sono sempre stato un curioso inguaribile e forse un bambino perenne. Il mio desiderio di conoscere, comprendere, scoprire ha accompagnato tutta la mia vita.

All'inizio l'Australia ha rappresentato nel mio immaginario, l'inesplorato, la natura indomita, una sorta di lavagna bianca su cui ridisegnare una vita che lasciasse alle spalle tutto ciò che, fino a quel momento, mi aveva deluso; perché se è vero che miseria, dolore, delusione, tradimento esistono ovunque, è altrettanto vero che per poter continuare a sperare occorre a volte seppellire le rovine e ricominciare ad edificare una nuova dimora.

Oggi, a distanza di anni riesco a realizzare un sogno avendo in più perso le ultime remore di lasciare un Paese ormai al disfacimento morale e sociale (oltreché economico, ma questo mi pare il male minore), rassegnato, incurante, incapace di quello slancio verso un rinnovamento sincero che punti al bene comune.
In fondo ad ognuno di noi esiste quello che chiamerei l' "anelito fondamentale" e forse il mio è quello di stabilire un contatto con l'universo.
La solitudine, il silenzio, gli spazi sconfinati, gli orizzonti remoti, mi fanno percepire la vicinanza alle origini, che significano anche il buio dell'ignoto di cui, pare, oramai pochi siano ancora inclini a fare esperienza..

Poi verrà la "normalità" quotidiana; ma vorrei tanto approfittare di questo importante cambiamento e impegnarmi affinché ogni giorno non sia soltanto un contenitore da riempire con ciò che ci accade ma un piccolo orto in cui coltivare lo stupore, la scoperta, l'immaginazione e raccoglierne infine i frutti da donare ad altri uomini e altre donne, affinché possano in loro sopravvivere oltre la nostra esistenza.

Con affetto.


In risposta:

Carissimi tutti,

scrivere una lettera è un atto poetico. Finché avrò occhi, anch’io non vi potrò rinunciare.
Sull’Australia mi sono ritrovata a fantasticare, un tempo.
A desiderarla.
Conosco molto più le mie fantasie che non la realtà di quel paese.
Credo comunque che gli ampi spazi ancora ci siano in quella terra: spazi territoriali, spazi mentali, compresi quelli del cuore.
In Italia siamo troppo compressi.
La sento questa pressione e la sentono tutti quei ragazzi che fuggono nelle sostanze stupefacenti o più genericamente negli attacchi di panico: siamo affollati, senza interstizi solidali. Ci manca l’aria sufficiente ad ossigenarci e quel po’ di attenzione sufficiente a scaldarci il cuore.
Siamo troppo appressati gli uni agli altri, non riusciamo più a vederci, a conoscerci, e questo ci mette ansia, aumenta la paura nell’imponderabile esistere.
L’uomo ha bisogno di spazio e di tempo oltre al cibo, al pensiero, all’eros.
Per eros intendo: il bene, il bello, il buono e il vero.
Eh… sì! Siamo proprio ridotti così, noi esseri civilizzati! Noi, che sentiamo i nostri complessi bisogni, ma che in un numero esiguo ce n’è consapevolezza, così che li attribuiamo a categorie sbagliate e/o li indirizziamo in percorsi confusi. C’è anche qualcuno consapevole del percorso ma senza mezzi per affrontarlo.
Voi avete raggiunto una maturità di intenti e di forza. Avete unito la volontà, il pensiero e il cuore: io vi ammiro.
Sono con voi e condivido con animo lieto la vostra scelta.
Sono certa che troverete quello che cercate.
Io sono e sarò sempre qui, felice di ricevere e spedire lettere.
Con tutto il mio affetto.

martedì 2 febbraio 2010

Incontri conviviali

Ci incontriamo, i soliti amici, a casa di G. Una bella casa in stile colonico con ampio giardino. Incontri che si protraggono da più di venticinque anni. Mangiamo, chiacchieriamo, soprattutto di dove andiamo in vacanza, dei nostri passatempi preferiti, poi fine: tutto tace fino a che G. non ci contatta per incontrarci di nuovo. Sempre a casa sua, bella grande, ospitale.
E’ sempre lei che si accolla tutta la fatica!
Come la volta precedente ci scambiamo i soliti convenevoli privi di coinvolgimento personale, copione consolidato. Nel corso del tempo abbiamo imparato a conoscere le nostre tendenze di pensiero e il carattere. Evitiamo, e siamo diventati abili in questo, argomenti che possono colpire la suscettibilità personale e generale. Non entriamo nei temi particolari di situazioni familiari difficili, insomma parliamo pochissimo del nostro privato. Mi sono ritrovata ogni tanto a riflettere sul senso dei nostri incontri. L’unica ipotesi plausibile è che si tratti di una forma di rassicurazione di esserci e di permanere nel tempo. Naufraghi che avvistano un’isola con approdo sicuro.
Non conosco altro gruppo che sia persistito così a lungo. G. ci chiama e tutti rispondiamo. Soprattutto ora.
Ogni coppia vive una sua propria vita di relazioni sociali, naturalmente, ma nessuno manca mai agli appuntamenti di G., e’ un fatto assodato. Misterioso, insondabile. Ci siamo senz’altro detti che è perché stiamo bene assieme, perché abbiamo delle affinità. Ma questo è vero solo in parte. Siamo solidali, questo sì, siamo empaticamente solidali. Oggi siamo ancora di più uniti, dopo la tragedia che ha colpito R. e I. con la morte della loro figlia per incidente stradale.
E’ stato un grave lutto per tutti. Ho creduto che il sodalizio si sarebbe sciolto per l’ostinato silenzio che accompagnava la consuetudine del ritrovarci sotto la cappa di un dolore schiacciante. Ci univa un eloquio gestuale. Un esserci, come prima, come sempre. Solo attraverso i gesti consueti, si arriva a comunicare, quando le parole, tutte, sono inadeguate.