giovedì 22 dicembre 2016

Natale 2016



E' Natale Qui.






Tantissimi

Auguri 

di 

Buone Feste!

martedì 13 dicembre 2016





Mercoledì 26 Ottobre 2016


Prima l’influenza e poi una tosse da dissolvere. Da un mese circa, la situazione si è complicata. Mamma è costantemente a letto,anche se guarita dall’influenza. Non se ne lamenta, da mesi esprime il desiderio di non essere spostata dal materasso ad acqua, massimo conforto alla sua infermità.
Da quando è stata contagiata, mia sorella ed io, abbiamo intensificato la nostra presenza e non c’è giorno che lei si ritrovi senza un familiare vicino. Da lunedì, alloggio in un monolocale, vicino alla struttura , non potendo sostenere il viaggio in auto, troppo faticoso, e poter passare molte più ore in sua compagnia.  E’ quasi sempre assopita, ma nei momenti vigili, voglio che sappia di non essere sola.
Lotta contro la tosse sempre più flebilmente.
Non dipende dai bronchi. E’ una tosse cardiaca.

Il suo stato altalenava in momenti di leggero miglioramento, nei quali riusciva a deglutire del cibo e, data la sua tempra ancora resistente, non ci si aspettava che la resa fosse così vicina.

Mi sentivo con i capelli in disordine e per tutta la mattina ho provato a contattare un parrucchiere per andarci fra le h12 e le h14. Nessun negozio rispose…
Poco dopo mezzogiorno, passai in panificio per prendere un po’ di pane. La fornaia mi informò che in fondo alla strada, a circa un chilometro , c’era un negozio di parrucchiere. Non avevo ancora abbandonato l’idea e nello stesso tempo mi chiedevo come fare per arrivarci con i miei piedi e la schiena doloranti.
Uscii con il sacchetto del pane in mano e restai davanti al panificio ad osservare la via che molto più in là incrociava una traversa, troppo in là per affrontarla a piedi.
Il cielo era grigio, l’aria umida e ferma e mi sembrava di trovarmi fuori luogo, in una strada che di reale, per me, aveva l’inaccessibilità della distanza…
Se qualcuno mi avesse dato un passaggio per combinazione e, sempre per combinazione, fossi stata così fortunata da trovare pronto un parrucchiere, avrei potuto essere in tempo e più presentabile, dopo la pausa pranzo, al capezzale di mia mamma.
Mentre ero ancora li ferma e pensavo a come tutto si era messo contro durante la mattinata, arrivò un panettiere da in fondo alla via con il furgoncino da lavoro. Ne scese  in casacca bianca e con aria indaffarata. Dallo sportello nel retro prese un grande sacchetto di panini che gli caddero tutti sull’asfalto. I panini erano lì sparpagliati e risaltavano sul manto nero fumo dell’asfalto. Bloccarono il tempo necessario affinché io potessi chiedere all’uomo se dovesse ritornare indietro per quella via? No, non ritornava! Con la busta piena dei panini raccolti da terra, entrò nel negozio.
Meglio così!, alla fine pensai. Meglio così che rischiare di ritornare da mamma in ritardo. Lasciandola poco prima le avevo promesso che sarei ritornata prima del solito.

Mi piace pensare che mi abbia aspettata per essere assieme nell’ultimo momento. E lo eravamo, insieme, mano nella mano, mentre se ne andava con naturalezza, imprimendo al suo volto un’espressione di sollievo.
Avevo molta paura di vederla morire, presagendo che sarebbe stato così. Mi ha dimostrato che è molto più difficile vivere di vecchiaia che morirne.
Non mi sarei mai perdonata di trovarmi dal parrucchiere mentre lei ci lasciava! Anche se lei avrebbe capito e mi piace ricordarla così, due anni prima nel giorno del suo centenario, mentre parla al telefono.



sabato 15 ottobre 2016

Anni cinquanta



Ho iniziato questo racconto con l'intenzione di riallacciarmi ai rispettivi post di Garbo e Antonio Caputo con qualche riferimento ai periodi storici dell'arte e del costume della seconda metà del secolo scorso, ma è meglio leggere i loro Qui e
Qui

La mia prima volta a Roma è stato nel 1968, per lo svolgimento della prova orale del concorso per un posto da impiegata al Ministero delle Poste e Telecomunicazioni.
Partire dal profondo Delta del Po per arrivare a Roma è stata un’impresa assai impegnativa. I collegamenti ridotti verso i luoghi da raggiungere la rendevano ardua. Andai a passare una notte nel pensionato delle Canossiane di Adria per poter arrivare il mattino dopo di buon’ora, tramite la corriera di linea, alla stazione ferroviaria di Rovigo, in tempo per la coincidenza per Bologna e quindi Firenze- Roma.
Quel viaggio era una grande occasione per me, un avvenimento che avrebbe potuto cambiarmi la vita ma sul quale nessuno era disposto a scommettere neppure un soldo, essendo considerato velleitario e uno sperpero inutile di denaro. Solo io e papà confidavamo in un possibile risvolto positivo.
E poi… sin dall’età scolare avevo espresso al papà il desiderio di recarmi nella capitale, dove si trovavano ancora tutti i monumenti della Roma antica di cui la maestra aveva tanto parlato durante le lezioni di storia.
Mi innamorai di Roma fantasticando sulla sua bellezza attraverso i  racconti della maestra e dalle foto sui testi scolastici. Papà lo aveva capito perché anche lui era un sognatore.
Il desiderio si intensificò guardando i film di Dino Risi degli anni 50, che mostravano la città storica e la vita delle persone comuni. Mi riferisco alla trilogia “Poveri ma belli”,  “Belle ma povere”, “Poveri milionari”.
Ero povera anch’io- nel Delta del Po era improbabile trovare la ricchezza se non per i proprietari terrieri che l’avevano, ma vivevano altrove-, e mi immedesimavo nella vita che scorgevo in quei film, pur essendo piccola pensavo che, appena fossi cresciuta di qualche anno, quella vita poteva essere anche la mia se fossi nata a Roma! Erano già avviate storie di amori nel mio paese, molto simili a quelle narrate nei film, fra i coetanei di mio fratello, giovani ventenni, nati poco prima della guerra, pieni di vitalità e goliardia: anch’essi “Poveri ma belli”!


 
I ragazzi del Delta imitavano un po’quei divi del cinema: le pettinature, i vestiti e si atteggiavano da farfalloni. Era l’ età degli amoreggiamenti. Io li osservavo divertita, magari colpita io stessa da innamoramenti platonici. Renato Salvatori era il mio prediletto.
Non avevo ancora 13 anni quando seguii i grandi per una giornata in spiaggia. Non mi volevano con loro, lo capii più tardi che non erano solo i bagni, il sole, le priorità nei loro interessi. Passai una giornata di disagio per non avere avuto una compagna della mia età e non mi godetti il battesimo del mio nuovo costume rosso, proprio come quello indossato da Alessandra Panaro, che modellava bene il corpo essendo di tessuto elastico, una novità per quel tempo.


Una novità anche per me giacché non pensavo di attirare gli sguardi degli amici di mio fratello, che non mi lusingavano, anzi mi disturbavano e non aspiravo ad altro che sguazzare nell’acqua.
E poi non erano troppo vecchi per me? Non so quando riflettei sulla differenza d’età, se quel giorno o successivamente quando uno di loro s’invaghì di me, ancora intimamente immatura e ebbi paura dei suoi sguardi ammiccanti - insomma! -  pretendeva forse di spupazzarsi una bambina!!!
Una bambina in un corpo di donna nell’età difficile dell’adolescenza. Io li vedevo bellissimi, gli amici di mio fratello che presto raddoppiarono il gruppo includendo le rispettive fidanzate.

Il racconto avra’ un seguito…non si sa quando!?!