giovedì 31 dicembre 2009

Emily Dickinson

Se io potrò impedire ad un cuore di spezzarsi

non avrò vissuto invano -

Se allevierò il dolore di una vita o allevierò una pena -

O aiuterò un pettirosso caduto a rientrare nel nido

Non avrò vissuto invano.

martedì 29 dicembre 2009

Pensieri

Foto di Paolo Benini
Poco fa, mentre sorseggiavo la mia porzione di caffè “tripla” seduta comodamente sul divano, guardavo le immagini scorrere sul televisore e ho fatto talmente tanti pensieri! In pratica ho scritto un libro nella mente.
Ero in un paese antico della Grecia, un paese isolato e mi chiedevo come sarebbero potuti arrivare i miei farmaci salvavita.
E mi dicevo che in quel paese isolato, tranquillo, esclusivamente fatto di natura, non avrei più avuto bisogno di farmaci: sarei guarita e quindi rinata.
E mi vedevo immortale nella mia vecchiaia: ero la dea della vecchiaia.
E mi dicevo che avrei fatto a meno del Computer, appendice della mia conoscenza. Avrei avuto solo la mia mente e la mia anima, per scrivere... fors'anche sulla sabbia.
E avrei scritto tutto quello che la mia memoria mi avrebbe concesso. Sarei stata la vera Nounours, con la sua vera conoscenza, con la sua vera unicità: non una copia di quello che vorrebbe essere o di quello che avrebbe potuto essere.
E avrei scritto, al mio professore di filosofia, che mi trovavo alla ricerca di me stessa. Lo avrei ringraziato di tutti questi anni di lezioni che mi hanno aiutato a capire le cose importanti da capire. Gli avrei mandato le frasi della mia anima.
E mi dicevo che lui le avrebbe senz’altro capite.
E mi chiedevo se le avrebbe lette durante una lezione. Sarebbero state senza dubbio sgrammaticate ma autentiche: avrei offerto l’autentica me stessa senza aiuti, senza filtri.
E mi sono detta, sì, che le avrebbe lette.
La nostra vera essenza è preziosa per noi ma anche per gli altri, reciprocamente
.

domenica 20 dicembre 2009

lunedì 14 dicembre 2009

Poesia di Hiroshime



Mi piace la tua voce
calda
intensa
musicale
dolce
avvolgente.
E’ come il vento di primavera
s'insinua seducente tra rocce ed alberi
trascina con sé bacche di ginepro e mirto
gocce di onde lontane.
S’insinua tra la seta dei tuoi capelli
nei piccoli pori della pelle
di profumi inebrianti della natura

venerdì 11 dicembre 2009

Auguri! : - )) "en ouvrant un tiroir..."

Caro P.,
devo ammettere che sono di carattere troppo orgoglioso e incline, non troppo, ma incline al pessimismo. Fortunatamente c’è in me, oggi, una ragionevolezza che mi protegge. Nel caso dello scrittore padano di cui ti ho accennato , mi stava succedendo un fatto analogo alla storia dei cucchiaini, che mi è capitata in gioventù.
Devi sapere che nel lontano 1972, in occasione del matrimonio di una cugina, la Tilde di La Bimba Nara, le ho regalato un servizio di posate da dessert silverplated, per fortuna. Era ben confezionato nella sua scatola blu foderata di raso bianco, come d’usanza. Una cosa dignitosa! L’ho avvolto in carta da pacchi, legato con lo spago, messo il piombino in una cartoleria e con il pacco pronto mi sono presentata allo sportello pacchi dell’ufficio postale. La Tilde, come ricorderai, si era trasferita in Piemonte.
L’impiegato, un esemplare di maschio tipicamente meridionale, azzarderei siculo per le caratteristiche epidermiche e la plasticità corporea, nonché lo sguardo, filtrante un retro-pensiero sibillino d’eredità saracena, volle conoscere la natura del contenuto.
Io, ingenua, in fondo eravamo pressoché colleghi, gli dissi senza reticenze una mezza verità, volendo spedire il regalo come pacco ordinario, che conteneva dei semplici cucchiaini da caffè.
Scrisse di suo pugno: “campione senza valore”.
Il pacco non arrivò. La cugina mi tolse piano piano l’amicizia. Io non le chiesi nulla: scontro di orgogliosità!
Dopo molti anni la madre mi disse che non l' avevano mai ricevuto … Ciò che non poté l’affetto, poté l’orgoglio e l’avido impiegato: com’è strana la vita!
Con lo scrittore padano ho messo da parte l’orgoglio, cosa che avrei dovuto fare anche in passato! Tutto è stato chiarito.
***
Anche con te metto da parte l’orgoglio e ti chiedo:
" Come mai non ti fai più vivo? ".
Sempre con amicizia.
Buon Natale!

lunedì 7 dicembre 2009

Buon Nataleee!

Brisky, ciaooo! miaouaouao!

domenica 6 dicembre 2009

sabato 28 novembre 2009

venerdì 27 novembre 2009

In grembo all'eternità

Novembre 2005:
"Mi sono appena sintonizzata su una stazione radio e riconosco la nota scienziata astrofisica Margherita Hack che parla delle recenti scoperte cosmologiche. Galassie di nuova formazione sono state individuate nello spazio che si era ritenuto fino ad oggi “disabitato” ossia vuoto; quello spazio che si considerava confine dell’universo, luogo ritenuto sede del Nulla per certuni e del Tutto per altri.
Sembra la voce di Dio, che mi arriva dall’autoradio, attraverso le parole della ricercatrice, tanto straordinarie e grandiose sono le cose che ci racconta. Grandi cambiamenti si realizzeranno in un tempo che noi terrestri possiamo quantificare in circa cinque miliardi di anni. Il sole si espanderà fino a duecento volte l’attuale volume e aumenterà la sua massa fagocitando corpi celesti, compresa la Terra. I calcoli e le rilevazioni permessi dalle nuove tecnologie ci mostrano la possibile esistenza di un numero indefinibile di mondi. Galassie di varie età: mondi in divenire. Il mio pensiero la segue nei suoi ragionamenti. La mia mente viaggia nello spazio infinito e aliena il mio corpo quale inutile involucro in quella dimensione. Non mi spaventa il rendermi conto che un granello di sabbia ha maggiori probabilità dell’umano di andare incontro a tali cambiamenti. Sono affascinata dalla voce che mi fa viaggiare nell’Universo; che mi trasmette amore per tutto ciò che in esso è conosciuto al pari di quanto è sconosciuto. Provo amore e felicità. Vorrei proiettarmi nello spazio senza tempo ed adagiarmi in grembo all’eternità. Non m’importa di essere più fragile di un granello di sabbia, ma di appartenere, come lui, a questo mondo fra i mondi di altre galassie, insieme!, viandanti dell’Universo, alla ricerca dell’Ente Supremo governatore del Tutto."

giovedì 19 novembre 2009

Citazione

« Noi non sappiamo che cosa significano le parole più semplici, tranne quando amiamo e desideriamo. »
(
Ralph Waldo Emerson)

Significati

Etica = idea innata del bene
Morale = applicazione delle regole al fine del bene

mercoledì 18 novembre 2009

I miei due grilli parlanti

"La mia mamma va a palazzo, con il dizionario sotto il braccio, va ad inventare la sua storiella che l’è sempre alquanto bella”. Sorridendo, i miei ragazzi m’incalzano canzonatori con la parodia di una nenia dei vecchi tempi che recitava: “Pinocchietto va a palazzo, col suo libro sotto il braccio; va a spiegare la sua ragione: Pinocchietto va in prigione!"
La sentivo canticchiare dalle mamme mentre dondolavano “a cavalluccio” i loro piccoli in groppa al dorso del piede in conclusione del “tutù, tutù musseta”.
E’ una cantilena che anch’io ho canterellato, nei primi anni della loro vita, tramandando la tradizione.
Ho sempre creduto che la melodia avesse la sola funzione di sopire l’eccitazione dei bimbi. Oggi osservo, fra le righe, che si può leggere un messaggio di sfiducia nel ceto dominante. Il “Palazzo” era l’abitazione del proprietario della “Tenuta” o sede delle “Autorità”; il “libro sotto il braccio” era simbolo dell’istruzione e “spiegare la sua ragione” significava far valere i propri diritti che puntualmente erano disattesi in quanto la “ragione” portava in “prigione”. E’ un’allegoria di una sottintesa denuncia verso il potere del padronato rurale da parte della popolazione contadina di fine ottocento e inizio del novecento. I ragazzi notano che manca la simbologia della popolazione contadina ed io rispondo loro che naturalmente è incarnata in Pinocchietto. Loro mi guardano con tenera comprensione e poi sferrano il colpo finale e li sento dire fra il serioso e il faceto : "Pinocchietto sei tu mamma!"

lunedì 16 novembre 2009

mercoledì 11 novembre 2009

Adieu Fangio


J’ai réfléchi. Et je me suis même renseigné chez mes enfants sur mon idée de m’amuser en traduisant un roman dans mon blog. Et bien, ils m’ont tuot de suite rappelé qu' il éxiste un copyright à respecter. Je n’y avais pas pensé. Donc, le jeu est déjà terminé.
Nounours

sabato 7 novembre 2009

L'amour aveugle (brano e trad. n. 2)

Le miracle survient alors, il tombe amoureux fou de Laura. "Quarante-cinq ans de petite routine et la Vie tout d’un coup, avec plein de V majuscules."
L’action se précipite, Paris, Bruges, la mer du Nord où nous vivons le bonheur éperdu de ce couple. Lui n’est pas Clark Gable, elle est aveugle et vit dans la nuit depuis quatre ans. Ils mettrons dans cet amour toute leur énergie et leur volonté de bonheur. Laura, il faut l’avouer, est un drôle de spécimen, qui aime sprinter sur la plage, nager au large et voir des films d’épouvante. Avec l’ironie truculente des durs qui cachent un cœur tendre Patrick Cauvin a écrit des pages pleines d’émotion, l’humour des deux héros leur permet d’affronter le monde irrémèdiablement clos et angoissé des aveugles. De cette infirmité l’auteur fera une richesse: puisque Laura ne peut voir, Cauvin nous offre un festival de sensations tactiles, de sons et d’odeurs. Ces pages débordent de sensualità, celle du couple e celle de Laura. Bruges devient pour nous aussi la ville où les cloches carillonnent, les oriflammes claquent au vent et les pigeons s’envolent dans un bruissement d’ailes. Poésie, humour et tendresse, mais aussi gravité et tristesse, tout est réuni dans ce livre pour le plus grand bonheur du lecteur.”

Proprio allora accade un miracolo, s’innamora follemente di Laura. “Quarantacinque anni di insignificante routine e la Vita di colpo si riempie di V maiuscole.”

L’azione incalza, Parigi, Bruges, il mare del Nord, dove viviamo la felicità sconfinata di questa coppia. Lui non è Clark Gable, lei ha perso la vista e vive nel buio da quattro anni. Metteranno in questo amore ogni energia e tutto l’anelito alla felicità. Laura, c’è da dire, è un tipo originale a cui piace “sprintare”, scattare di corsa sulla spiaggia, nuotare al largo e vedere film dell’orrore. Con l’ironia truculenta dei duri che nascondono un cuore tenero Patrick Cauvin ha scritto pagine piene d’emozione, l’umorismo dei due protagonisti permette di affrontare il mondo irrimediabilmente chiuso e angosciato dei ciechi. L’infermità di Laura diventa arricchimento, attraverso il quale l’autore ci apre il mondo delle sensazioni tattili, dei suoni e degli odori. Sono pagine che debordano di sensualità, della coppia e di Laura. Bruges diventa anche per noi la città dove le campane schiamazzano, le banderuole schioccano al vento e i piccioni prendono il volo con un fruscio d’ali. Poesia, umorismo e tenerezza, ma anche gravità e malinconia, tutto è compreso in questo libro per una buona e appagante lettura.
(Fine introduzione)

giovedì 5 novembre 2009

L'Amour aveugle

L’Amour aveugle et son auteur Patrick Cauvin

Ho rispolverato il romanzo in lingua francese che molto tempo fa è stato oggetto di apprendimento della lingua d’oltralpe in modo proficuo e divertente presso una scuola di lingue straniere. Mi ha riportato ai tempi eroici delle aspettative intatte di una vita piena di promesse. Una di queste era mantenere viva la seconda lingua appresa con lo studio negli anni della formazione scolastica e durante l’anno di permanenza a Bruxelles presso una famiglia francofona come ragazza alla pari. Ne farò un utilizzo ancora divertente e costruttivo cercando di tradurlo: sperando di rinfrescare la memoria incrostata di qualche decennio. Tradurrò brevi periodi, senza fretta e come un gioco. Per questo voglio chiedere anzitutto scusa all’autore, per il mio ardire e in secondo luogo a qualche lettore francese che potrebbe visitare questo sito.
Patrick Cauvin è definito dai critici: “autore ironico, che usa un linguaggio incisivo e realistico”. Je l'aime bien! (Nounours)

Brano e trad. n.ro 1-
Prefazione

“Le jour de la distribution des prix, Jacques Bernier assis sur l’estrade devant ses élèves, rêve: il roule déjà vers la Provence où il retrouvera sa fille Anne et sa bande. Le lendemain, jour du départ, la frénésie des vacances le saisit, il se prend pour Fangio sur l’autoroute, s’achète un costume en jean et décide d’oublier ses 45 ans. Mais, dès son arrive chez les jeunes, ses complexes reviennent au galop et il s’échappe pour retrouver la solitude, sa vieille compagne de toujours.”

Il giorno della premiazione, Jacques Bernier seduto sulla pedana davanti ai suoi allievi, sogna: corre già verso la Provenza dove si riunirà alla figlia Anne e alla sua banda. L’indomani, giorno di partenza, la frenesia delle vacanze lo assale, si crede Fangio mentre corre in autostrada, si compra abbigliamento jeans e decide di dimenticarsi dei suoi 45 anni. Ma, già al suo arrivo dai ragazzi, i suoi problemi ritornano galoppanti e rifugge in cerca di solitudine, la sua compagna di sempre.

Il gobbo

Dalla solita sponda del mattino
io mi guadagno palmo a palmo il giorno:
il giorno dalle acque così grigie,
dall'espressione assente.
Il giorno io lo guadagno con fatica
tra le due sponde che non si risolvono,
insoluta io stessa per la vita
... e nessuno m'aiuta.
Mi viene a volte un gobbo sfaccendato,
un simbolo presago d'allegrezza
che ha il dono di una stana profezia.
E perché vada incontro alla promessa
lui mi traghetta sulle proprie spalle
Alda Merini

Alda Merini



Sono nata il ventuno a primavera

ma non sapevo che nascere folle,

aprire le zolle

potesse scatenar tempesta.

Così Proserpina lieve

vede piovere sulle erbe,

sui grossi frumenti gentili

e piange sempre la sera.

Forse è la sua preghiera.

mercoledì 4 novembre 2009

Poesia di Alda Merini


La terra santa

Le più belle poesie
si scrivono sopra le pietre
coi ginocchi piagati
e le menti aguzzate dal mistero.
Le più belle poesie si scrivono
davanti a un altare vuoto,
accerchiati da agenti
della divina follia.
Così, pazzo criminale qual sei
tu detti versi all'umanità,
i versi della riscossa
e le bibliche profezie
e sei fratello di Giona.
Ma nella Terra Promessa
dove germinano i pomi d'oro
e l'albero della conoscenza
Dio non è mai disceso né ti ha mai maledetto.
Ma tu sì, maledici
ora per ora il tuo canto
perché sei sceso nel limbo,
dove aspiri l'assenzio
di una sopravvivenza negata.

venerdì 30 ottobre 2009

Lettera del 2008: "Sono in busa"

Ciao amica mia. “Sono in busa”. Spiego la mia asserzione: rifiuto, ritiro, desiderio di ritorno allo stato embrionale. E’ un’espressione che mi hanno insegnato i miei figli.
Ho iniziato a scrivere delle note di questo malessere, sperando che il malessere passasse o almeno di capirlo un po’ di più. Scrivere mi prende molto tempo, questo spiegherà le mie future assenze dal blog.
Una telefonata di uno scrittore, da me molto apprezzato, ha scoperchiato la parte fragile, ma soprattutto insicura, di me che, malgrado tutti gli sforzi, fuoriesce nelle situazioni che si determinano improvvise ed inaspettate.
La telefonata rimane comunque un caro ricordo, dai toni gentili, che conserverò gelosamente. Oggi, ho un elemento in più per amare quello scrittore. Lui ha voluto ringraziarmi delle parole su una sua poesia (è anche poeta e drammaturgo), che gli ho scritto e che gli sono pervenute dopo un passaggio di posta elettronica di amici di amici, in cui si è persa la fonte. Sennò mi avrebbe scritto! E di questo che non mi perdono! Di non avergli detto SCRIVIMI ORA ECCO IL MIO INDIRIZZO! Si vede che doveva andare così e che devo soffrire la busa, restare embrione, bozzolo, prima di essere pronta per altro. Naturalmente ti sto raccontando della goccia che ha esondato. Il mio disagio esistenziale è un fiume in piena.
In riferimento alla donna-uomo in attesa di un figlio, penso che già sia impegnativo per un essere umano affrontare la determinazione della propria identità sessuale e che inserire in questa problematica una nuova vita sia davvero tanto. Avrà la forza di trovare per sé e di dare al figlio la necessaria felicità per la vita? Probabilmente lo crederà. Auguro che l’abbia.
Io non mi sento nauseata, della sua scelta, come donna e credo che l’indignazione non serva. La natura non mi indigna, mai.
Sono sopraffatta dalla inconsapevole leggerezza con cui si fa uso delle scoperte scientifiche. Ma si può davvero poter fare tutto, perdendo il senso del limite? Non dico di fare come ho fatto io che mi sono sottoposta a lunghi periodi di astinenza sessuale. Metodo Ogino-Knaus, astensione prima e dopo i parti e, in generale, una pratica romantica del sesso. Non dico questo! Perché questo appartiene alla mia generazione e a chi ha creduto in un certo stile di vita, pulito, trasparente, dove il progetto di vita della coppia era sorretto dai valori della famiglia. Lo stile a cui mi riferisco oltrepassava gli orientamenti politici, o religiosi. Provengo dal ceto rurale che sulla famiglia puntava tutto.
Ora sono qui dopo aver vissuto tanti cambiamenti. Aver visto il cambiamento. L’Italia contadina, il boom economico, l’immigrazione del sud verso il nord. La Fiat. Gli elettrodomestici. La lotta di classe. L’emancipazione femminile. Il sessantotto. Il terrorismo. Il governo dei socialisti e i bot di Pomicino. I governi tecnici. Berlusconi1 e Berlusconi2. Il governo salvitalia con le riforme e la lotta agli evasori e prossimamente, forse, quello che la rialza…che Dio me ne liberi! Ce ne liberi, penso di poter serenamente asserire.
Ora chiudo, ricordando la frase di un’infermiera che mi preparava per un elettrocardiogramma a cui mi ero sottoposta, molti anni fa, per intraprendere l’ennesima inutile cura contro il mio sovrappeso:
“Perché vuol sottoporsi ad una dieta? Ce la faranno fare LORO presto la dieta”.
Parole profetiche.
Di ciò che succede oggi, nel mondo, se ne parla soprattutto attraverso internet. Per noi italiani è così. Ma troppo ristretto è l’accesso.
Ciao di nuovo. Ritorno in busa. Io non ho la forza di quel transgender.

Che il divenire sia l'eternità?

La via perenne può essere la durata fisiologica della nostra vita, che ci ritroviamo a vivere senza averla chiesta e che finirà secondo un suo ordine, in cui la nostra volontà ne è esclusa. E che si ripete concatenandosi nel genere umano.
La vera via è misteriosa, una ricerca continua, legata da relazioni i cui effetti "sembrano" ai nostri sensi ed al nostro intelletto contraddittori, sovente, ma che rispetto alla vita nella sua interezza, non lo sono...Io credo!
Perché nascere per poi morire?
La vita, un tutto che ci è stato consegnato e che noi contrassegniamo dell'effimero, aggiungendo o sovrapponendo eventi e pensieri con le nostre complicate strutture mentali e sociali nel tentativo della volontà di condizionarne il flusso.

Frammenti di prose di Emily Dickinson

Nessun sogno si può paragonare alla realtà, perché la Realtà stessa è un sogno dal quale solo una porzione di Umanità si è risvegliata e parte di noi è una Penisola non familiare

Il sogno di Andrea

Andrea, ti ho già intravista lungo il corridoio di spalle. La sedia a rotelle t’incamera tutta salvo le tue esili spalle e la testa dalla voluminosa chioma. Voglio credere di essere in errore fino a che non ti avrò di fronte. Non puoi essere quell’Andrea scanzonata che pedalava veloce in sella alla bici con piglio sicuro e deciso lungo la via Piave, dove spesse volte ti ho incrociata. Ti vedo nel tuo curato abbigliamento sportivo. Basco verde e sciarpa a righe senape e arancione. Giacca chiara su pantaloni quadrettati che aderiscono alle tue smilze gambe, fantasmagoriche pulegge, nella circolare spinta sui pedali. Via Piave non è più la stessa. Pullula ora di romeni. Soprattutto donne che si occupano dei nostri anziani: le badanti. Sono seduti sulle panchine del giardinetto attiguo alle case dei ferrovieri benché la giornata sia molto ventilata. Lungo la via Piave non vi è più quel bar tutto tappezzato di drappi rossi, quadri a sfondo rosso e mazzi di rose rosse con il gestore gay che riempiva l’ambiente del suo canto. E noi si sorrideva della sua allegria, compiaciute, mentre sorseggiavamo il the. Quel bar non c’è più. Oggi, mi trovo qui perché sono in anticipo sull’orario del treno che mi porterà nel luogo della casa di riposo, e ho deciso di fare due passi. C’è una bella luce, la giornata è limpida. Il vento fresco mi si infila tra i capelli e li scompiglia. Fa freschetto, ma si sta bene in quest’ora di primo pomeriggio, si respira. Solamente, provo un senso di estraneità. Il cicaleccio ha suoni sconosciuti. Ma la melodia è la stessa dei convenevoli di tutti i luoghi di ritrovo del mondo. Andrea, piccola donna bizzarra nel tuo estro androgino, mantenutosi ancora adolescente in cerca di identità. Conosco la tua storia, me l’hai raccontata e vi hai incluso i tuoi sogni. Sogni rimasti intatti di animo adolescente. Avresti dovuto invitarmi alla rappresentazione del tuo Arlecchino servo di due padroni. Il teatro e la recitazione erano i tuoi sogni che hai potuto realizzare solo dopo. Dopo il lavoro. Dopo il matrimonio. Dopo la famiglia. Dopo i doveri…quando era troppo tardi per realizzare i sogni appieno. Oh! I tuoi veli di odalisca sopra i pantaloni a righe verde bottiglia e panna! Bastava un niente, una sciarpa leggera e l’enfasi di un gesto per catturare la magia del mondo fantastico che ti portavi dentro. Il treno mi porta. Sono comodamente seduta nella carrozza semivuota. Lo sferragliare leggero mi tiene desta l’attenzione. E questo andare mi rilassa e mi riporta piacevoli ricordi del nostro comune lavoro. Divertente e arguta collega ! Espletavamo un’ enorme mole di lavoro attraverso cavi , fili e spinotti accavallati fra i centralini: eravamo le signorine dei telefoni! La teleselezione ci ha espropriato della nostra professionalità! Quante curiosità hanno attraversato i nostri collegamenti di conversazioni coperte dal segreto professionale! “Voi telefoniste avete, come caratteristica comune, la qualità di essere molto aperte di mentalità: non vi meravigliate mai di nulla”, qualcuno ha osservato di noi. Già! Eravamo in contatto giornaliero con una campionatura veramente variegata del genere umano, della sua moralità, della sua arte, della bontà o della malvagità, dei desideri, delle speranze. Eravamo indirettamente partecipi, a volte indesiderate e involontarie testimoni della loro vita. La realtà superava di gran lunga la fantasia! Ne avevamo esperienza costante e si sorrideva di situazioni paradossali. Ci ridevamo sopra con ironia per prevaricare lo stress del lavoro incalzante: poche linee, tante prenotazioni, turni da rispettare e far rispettare. Tornavamo a casa rintronate di tanto parlare e far parlare, negli orecchi lo squillare di telefoni, negli occhi segnali verdi di inizio e rossi di fine conversazione. Tante volte in luogo del saluto esibivamo la formula convenuta per l’accettazione delle richieste telefoniche… “Prego, desidera?” Infine la teleselezione e l’automazione: risolse. Il treno mi ha portata da te. Sei tu nella carrozzina, e sei lì nel corridoio, sola. Non so come sarà il tuo umore oggi. Andrea com’è stato che tuo figlio, il tuo unico figlio non ne vuol più sapere di te …

mercoledì 28 ottobre 2009

Io mi ricordo

Dipinto di Carlo Preti

Io mi ricordo la chiesa di Sant’Andrea, gli altari di marmo rosso, nero, con venature bianche e le colonnette della balaustra di marmo di Carrara.
Io mi ricordo la barcona piena di bambini che andavamo a catechismo, dall’altra parte del Po.
Io mi ricordo Guerrino che remava con noi in barca.
Io mi ricordo l’acqua e le onde del Po.
Io mi ricordo il vestito bianco di tulle ed il disegno delle margherite sul tulle.
Io mi ricordo la prima comunione.
Io mi ricordo la cresima e le paste-fine in regalo nella scatola da scarpe bianca, grande.
Io mi ricordo il vescovo coi i paramenti scintillanti.
Io mi ricordo il parroco sudato.
Io mi ricordo il parroco arrabbiato.
Io mi ricordo il crocifisso precipitato sulla testa del parroco.
Io mi ricordo che tutti ridevano.
Io mi ricordo che papà aveva la lambretta.
Io mi ricordo che la lambretta aveva due sellini.
Io mi ricordo che faceva miscela alla ESSO
Io mi ricordo che papà mi portava sul sellino di dietro.
Io mi ricordo che portava me e la mamma, io seduta fra i due sellini su di un cuscino.
Io mi ricordo che io stavo in mezzo al papà e la mamma, sulla lambretta, quando andavamo al cinema.
Io mi ricordo che nel piazzale del cinema c’era la bancherella di Mario Saia.
Io mi ricordo che Mario Saia vendeva le paste-fine.
Io mi ricordo che in inverno la bancherella non si vedeva in mezzo alla nebbia. Io mi ricordo che si vedeva poco la luce della lampadina da venticinque candele in mezzo alla nebbia, sennò costava troppo.
Io mi ricordo che lo chiamavamo, Marihohoho, Marihohoho, ci sehihihi? E le paste-finhehehe?
Io mi ricordo che Mario Saia rispondeva, venite a vedere.
Io mi ricordo che guardavo il film due o tre volte.
Io mi ricordo che parlavamo della trama del film per tutta la settimana.
Io mi ricordo che l’inverno passava
Io mi ricordo che per Pasqua indossavo i calzini corti e le scarpe bianche, nuove.
Io mi ricordo le meravigliose primavere.

martedì 27 ottobre 2009

Auguste Rodin e Rose Beuret: sposi.

Ce jour là, dans la salle de la Mairie de Meudon, le Maire scindé de l'écharpe tricolore se tourne vers le sculpteur âgé de 77 ans : - "Auguste Rodin voulez-vous prendre pour épouse Rose Beuret ici présente"- "oui! Je le veux"Puis il se tourne vers Rose restée assise tant son état de santé est faible - elle est âgée de 73 ans - :- "Rose Beuret voulez-vous prendre pour époux Auguste Rodin ici présent"- " Enfin oui" répond-elle d'une voix faible. Puis elle jette un regard vers son mari avec un léger sourire de connivence aux lèvres. Auguste Rodin la regarde avec tendresse et passe sa main rugueuse dans son épaisse barbe.- " Vous êtes unis par les liens du mariage".Unis par les liens du mariage! Rose aura attendu 53 ans. Sa première rencontre avec Auguste date de 1864. Elle avait 20 ans lui 24; Il sortait du séminaire du Très Saint-Sacrement.Deux ans plus tard naissait leur fils naturel Auguste Eugène Beuret.

lunedì 26 ottobre 2009

Sola soletta...

C’era una volta una moneta che se stava sola soletta dentro una scatoletta.
Sonnecchiava, sbadigliava e si annoiava... ma, a volte, veniva sballottata da tutte le parti: il suo padroncino ne provava il tintinnio.
Tin, tin, ton! Tin, tin, tan! Ohi che musica, ohi che dolor!
La poveretta si ritrovava piena di ammaccature sui fianchi, sui gomiti, con bozzi in testa... dappertutto.
Se avesse avuto una compagna, avrebbe potuto abbracciarla durante il terremoto. Unite avrebbero riportato minor danno e maggior consolazione.
Il padroncino era arrabbiato con la moneta, perché non poteva scambiarla con alcunché. A questo lui spesso pensava, mentre giocherellava. La poveretta non ne poteva più e si ripeteva: “Io non potrò mai essere scambiata, sono troppo misera. Anche se mi arrivasse una compagna, avrei risolto il problema della solitudine, ma saremmo in due a subire contusioni”.
Diventava sempre più triste e sconsolata benché continuasse a riflettere: “E, se arrivassero delle soffici lire di carta? No, non servirebbero: il mio padroncino le scambierebbe all’istante ed io rimarrei, di nuovo, sola”.
Non c’era proprio nulla da fare, si doveva rassegnare ... ma, un giorno, accadde che una vecchietta, non molto abbiente per la verità, regalò al padroncino due biglietti da diecimila.
Cosa comprare con quei soldi? egli si domandò. Niente o quasi niente fu la risposta, anche quel denaro non era degno di considerazione e finì subito nella scatoletta.
“Oh! che bellezza!” - esclamò la monetina - “che morbido sofà!”
Da quel giorno poté abbandonare tutte le sue paure e le dolenti membra sul morbido e sicuro giaciglio, poiché ebbe la fortuna di finire, dimenticata, fra un biglietto e l’altro.

domenica 18 ottobre 2009

venerdì 16 ottobre 2009

L'eternità di Emily Dickinson

Dipinto di Bruna Gasparini

Come se il mare separandosi
Svelasse un altro mare,
questo un altro, ed i tre
solo il presagio fossero

d’un infinito di mari
non visitati da riva
- il mare stesso al mare fosse riva –
questo è l’eternità.

E. D.

Cosa ne dice l'acero

E per restare in tema del simpatico oroscopo celtico, benché mio padre e io siamo assolutamente italici, riporto cosa ne dice dei nati in questo giorno, ricorrenza del suo compleanno: “Sempre in ordine, spesso vanitoso, l’Acero cura moltissimo la propria persona. Ma lo fa in modo disinvolto, con una ricercatezza trascurata che dà l’impressione che il suo aspetto impeccabile sia dovuto al caso: ed è questo l’effetto che lui vuole ottenere. Non è certo un tipo comune. Forte, instancabile, ha una grande resistenza. Molto riservato, piuttosto chiuso e timido di natura, può diventare audace se spinto dalla curiosità insaziabile che lo caratterizza. Esce molto, gli piace fare nuove conoscenze e ricevere confidenze. Ma non abbiate timore di confidargli i vostri segreti: non giudica e non ne parla con nessuno...tutt’al più ne scrive! In questo caso potrete avere la soddisfazione di ritrovarvi protagonisti di un romanzo.”

martedì 13 ottobre 2009

Bonjour à tout le monde! Ciao a tutti!

Sono nata nel Delta del Po in una piccola casetta presso il fiume. Ora al suo posto si erge il rinforzamento dell’argine. La casetta era rossa. Io prediligo il colore rosso e il rumore dell’acqua: non è certamente un caso inspiegabile. Ciò che è inspiegabile per ognuno di noi è il perché lì e il perché da lì.
Era il venti di marzo, le tre del pomeriggio. Il vento di tramontana aveva spazzato via l’inverno. Per i nati come me l’oroscopo celtico riserva l’egida del Tiglio e dice:
“Il Tiglio dedica all'amicizia e alla compassione per gli altri buona parte della sua vita. È un segno che ha forti legami con il sonno e l'ipnosi, sa come rendersi indispensabile, creando con facilità una certa dipendenza negli altri. In caso di necessità per aiutare gli amici sa mentire con convinzione, riesce normalmente a donare una persistente sensazione di calma. Comunque, il vero carattere del Tiglio è distante dalla menzogna e dalla falsità. Cercando di mimetizzare la loro delicatezza d'animo, i nati sotto il segno del Tiglio, non riescono a controllare le sottigliezze diplomatiche”.
Mi riconosco in questa analisi.