domenica 29 agosto 2010

Ciaooo Luuu!!!!!

Ho letto il libro "Scorre la Senna" di Fred Vargas. Molto bello! L' avevo promesso a me stessa e alla nostra amica blogger Lu di "Diario di un'Anima Solitaria".

Ho scritto due parole sul libro:

"In "Scorre la Senna" l'autrice caratterizza con leggeri tocchi di eleganza e sensibilità i personaggi. Li delinea fisicamente e psicologicamente con grazia femminile. Sembra avere un'attenzione particolare per i clochards, li osserva con simpatia umana e nobilita la loro vita marginale che si svolge nella strada, rendendoli figure determinanti quali testimoni dei delitti: hanno ancora un ruolo sociale. Lo stile narrativo è scorrevole senza essere mai banale."

Se ne desiderate una vera recensione passate dal post di Lu:


http://lonewildsoul.blogspot.com/2010/07/scorre-la-senna-fred-vargase-ritorno.html

Ciao a quanti hanno voglia di leggere, Nou!

lunedì 23 agosto 2010

Concerto Duo Nicolosi-Gomiero


A


Vestenavecchia (Vr)

domenica 29 agosto

concerto

Carlotta Gomiero-soprano

Davide Nicolosi-chitarra

Siamo tutti invitati!

L'indignazione prende forma

Riflessione

Questo blog, di una persona comune e quindi senza alcun peso per il destino degli altri, ringrazia i pochi intellettuali e politici onesti e quanti hanno a cuore il bene comune di una società : mi riferisco alla società italiana che senza il perseguimento del bene comune non può che autodistruggersi.
Tempo fa ho creduto che la crisi economica avrebbe portato molto dolore nella vita delle persone: è stato ed è a tutt’oggi senz’altro così. Ma gli sconvolgimenti risvegliano le persone e insieme al dolore matura una nuova coscienza. L’indignazione prende forma!
Che si stia risalendo la china? Che si stia uscendo dal pantano? Io credo di sì, anche se non sarà facile, per niente facile.
Grazie ai lettori, Nou.

Delta del Po - Foto

Foto A. Barini: 1°Tramonto; 2°Pesca delle vongole in Sacca























In zona Bacucco - Delta del Po

Dipinto di V. Pazzi
Resoconto di un’escursione nei bracci del Delta del Po e nei canneti attraverso i “paradeli”
Fermo con questa descrizione il ricordo della gita alle foci Po di Gnocca- Sacca degli Scardovari- Po di Goro e Faro, che consiglio vivamente di non perdere e di non rimandare, come ho fatto io per tanti anni!



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Ricordo gli anni giovanili in cui frequentavo la spiaggia dell’Isola dei Gabbiani, luogo frequentato, in quei tempi, esclusivamente dai nativi. Noi stessi non abbiamo mai esplorato la zona costiera dei canneti, dunque non ne sapevamo nulla. La conoscevano bene i raccoglitori di piume palustri e i pescatori: mestieri svolti dai padri e dai nonni. Esiste ancora qualche anziano pescatore solitario ma i giovani si sono organizzati in cooperative. Percorrendo il Po si incontrano gli appassionati della pesca al bilancino. Dalla loro barca si estende un’asta che regge una rete quadrata, fissata a quattro raggi di ferro convergenti in una carrucola, su cui scorre la corda. Il pescatore solleva e rilascia la rete sul fondo del fiume manovrando l’argano. Riescono a catturare grossi cefali e branzini. All’alba, la vicina Sacca degli Scardovari, si popola di circa millecinquecento pescatori di vongole. E’ pomeriggio, noi non li vediamo. Il lavoro si svolge nelle prime ore del mattino e noi troviamo una laguna vasta, silenziosa dai toni verdi e azzurro pastello dove facciamo una sosta; alcuni si tuffano nell’acqua placida e salatissima: siamo in piena estate.
Più tardi abbiamo percorso la riva ricca di conchiglie e vegetazione. Ho assaggiato la salicornia, una pianta grassa verde e salata, che vi cresce abbondante e che in autunno diventa vermiglia come il tramonto. E’ ottima per insaporire un’insalata mista.
Mi ero approcciata alla gita con un’idea vaga della zona e ne sono tornata con la piena consapevolezza della sua particolare bellezza.
S’aprivano scenari d’acqua ampi e variegati: il fiume che incontra il mare; la laguna e il vasto canneto che racchiude vie d’acqua (i paradeli) e laghetti dove vi abitano le molte specie di uccelli marini.
L’aria è intrisa di profumi salini; effonde riverberi di luce che ti ammantano nell’ebbrezza della corsa in barca, prima nella corrente calma del fiume, poi nella placida Sacca e quindi procedendo ancora sulle onde del fiume a ridosso del mare in un abbraccio possente e tumultuoso…poi, il rientro quieto verso il punto d’imbarco.

In foce di Po di Pila

Marino Cacciatori “caparin” -Racconto breve-

Era una domenica del mese di luglio dell’anno 2002. La motonave era pronta a levare l’ancora alle nove del mattino.
Il sole già batteva sul capo scoperto dei pochi passeggeri, tredici in tutto.
Marino Cacciatori detto “caparin”, basso e minuto con la fronte spaziosa ed un po’ arcuata sotto l’attaccatura dei capelli, tipica della discendenza caparina, stava sul ponte a confabulare con un signore interessato di motori.
Ben presto si allontana dall’uomo. Con mosse agili e sicure raggiunge la cabina di pilotaggio ed esegue le manovre d’avvio. Dopo poco, l’imbarcazione procede speditamente al centro del fiume.
Credevo di fare una gita monotona, caratterizzata da un silenzio contemplativo.
Ci eravamo messi tutti al piano superiore, panoramico. La giornata limpida lasciava intravedere ad Est il promontorio di Rovigno sull’opposta costa adriatica. La signora del botteghino invece si tratteneva al piano inferiore presso la rivendita. Scopro che si tratta della moglie di Marino: “Poca gente oggi!” Osservo, rivolta a lei, giusto per scambiare parola.
“No, anzi, io e Marino, siamo contenti del numero di presenze – mi risponde - a volte ci capita di fare il giro anche per sole due o tre persone.”
“Addirittura!” Esclamo sorpresa.
“Capita, capita! Sa noi partiamo in ogni caso perché lo consideriamo un servizio. Partiamo anche se l’incasso non copre neppure la spesa del gasolio.
E’ una donna graziosa e si esprime con finezza.
Sopra, Marino lascia le leve di comando ed esce dalla cabina probabilmente per riprendere il discorso con il passeggero interessato di meccanica motoristica.
Va e viene, procurandomi una certa apprensione riguardo la rotta e la sicurezza: “Non sarà che si distrae un po’ troppo?” Mi domando con preoccupazione.
Lui è ciarliero e di buon umore. Sovente si apre in larghi sorrisi, noncurante della bocca sdentata. Con l’aiuto di un altoparlante, incomincia il suo racconto del Po. Parla un italiano corretto senza inflessione dialettale.
E’ bravo! Dal suo racconto, capisco che lui dialoga con il grande fiume che naviga da sempre:
“Si può dire che ci sono nato in acqua, come i pesci!” Afferma. “Si può dire che sono un pesce anch’io!”Continua, accompagnando la battuta con una risata divertita.
Conosce profondamente il suo fiume. Sa tutto sulla lunghezza, larghezza e profondità; sa tutto sulle correnti e sulla configurazione dell’alveo. Sa dove e chi pesca le anguille, i cefali. Del pesce siluro, pesce foresto, entrato in acqua per sbaglio, sa che divora quintali di piccoli pesci. Un pensiero malinconico riserva alle gentili “scardole” che: “Non se ne trova più una, neppure a sognarla!”
Il suo racconto insegue l’itinerario degli scorci toccati, pur sempre pronto a raccogliere le domande curiose dei viaggiatori. E’ sorprendente quante cose sappia! E’ memoria storica del luogo dal dopoguerra ad oggi. Conosce tutto l’intreccio degli avvenimenti e personaggi che hanno costruito la vicenda del delta negli ultimi decenni..
E’ lui che accompagnava fior fiore di ingegneri per i sopralluoghi a Polesine Camerini dove è sorta la centrale termoelettrica che, come una cattedrale, domina il Delta del Po e asperge, dall’alta ciminiera il veleno giallognolo.
Ma lui ne parla bene. L’ha vista nascere. Un mostruoso gioiello tecnologico che avrebbe dovuto sgorgare fumi depurati da poderosi sistemi filtranti.
Lui l’ama come una buona cosa, come la fattrice di posti di lavoro e di prestigio per quel Delta sempre dimenticato. “Con una centrale di tal sorta, annoverata fra le più grandi d’Europa, cosa potrà più succedere al Delta? Non la lasceranno certo affondare!” Ripeteva dentro di sé.
Affondare! Un verbo ricorrente nella mente di Marino e di tutti gli abitanti che hanno ricordo delle inondazioni subite. Una parola che mette paura solo a pensarla.
Era allegro Marino Caparin quella mattina! Le battute gli sorgevano spontanee e naturali. Aveva brio ed una garbata ironia. La sua barca, il fiume, e la Sacca del Canarin, appena raggiunta, gli si cucivano addosso come una seconda pelle: loro aderivano a lui e lui a loro.
Spegne il motore e lascia libera la barca di dondolarsi nel silenzio della laguna.
“Lo vedi quel gabbiano, lì appoggiato sulla mota oltre l’argine di sacca?” mi disse ad un certo punto, quasi in un sussurro, poiché ero lì affianco. “Sta aspettando me! Mi aspetta ogni mattina!”
Nel dire così, allarga le braccia e le flette a volo d’uccello.
Mi giro verso i compagni di viaggio e faccio cenno con l’indice puntato in direzione della sacca e poi lo porto verso le labbra in segno di silenzio.
Il gabbiano non reagisce. “ Heiii! Che fai? Dormi ancora?” gli grida Marino Caparin, quindi gli mima il verso di richiamo. Ma il gabbiano reale di Caparin è come intorpidito.
“Non mi ha ancora visto, il principino!” Commenta. E poi, d’un balzo assai acrobatico e spericolato, si porta sul tetto della barca e da lassù sbatte le sue ali d’uomo. Il gabbiano s’alza allora in un volo subitaneo, festoso, lasciando la sua scia d’ombra fra i riverberi d’acqua e di sole sulla Sacca del Canarin.

giovedì 19 agosto 2010

lunedì 16 agosto 2010

Sardine in saor


Sempre per il mio amico Aldo... Meglio?

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Si tratta di una ricetta molto antica, risalente al ‘300, nata dalle origini marinare di Venezia. Fu un' invenzione dei pescatori che, costretti a stare molto tempo in mare, avevano l’esigenza di conservare più a lungo dei piatti di pesce. Fra gli ingredienti di questo piatto, oltre alle sardine, c’è anche la cipolla che nel passato rappresentava un efficace rimedio contro lo scorbuto. Può variare il liquido di conservazione e talvolta per ottenere un saor più leggero si usa vino bianco al posto dell'aceto. Le sarde in saor sono la golosità tipica della Festa del Redentore, che si svolge a Venezia, dalla fine del ‘500, la terza domenica di luglio di ogni anno.


Preparazione


Pulite e private le sardelle della testa e della spina, lavatele, asciugatele e infarinatele. Friggetele in strutto bollente (o olio) e lasciatele sgocciolare su carta assorbente. Nel fondo della frittura fate appassire delle cipolle tagliate a rondelle sottili, poi aggiungete due bicchieri di aceto e della scorza del limone. Spegnete dopo un paio di minuti. Sul fondo di una terrina disponete uno strato di pesce fritto, sale, pepe, uno strato di cipolle, foglie di alloro e uvetta: alternate gli strati terminando con la cipolla. Meglio sarebbe degustare il saor almeno il giorno seguente alla sua preparazione.

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La mia ricetta prevede olio fresco per la cipolla.

Macrolepiota procera - fungo (n. volg. mazza tamburo)



Mazza Tamburo

per

il

mio amico

Aldo

:-)

mercoledì 4 agosto 2010

Il tempo

La natura era così irreale avvolta dall’umida luce invernale. Il cielo si era condensato in una cappa opalescente sospesa sugli argini. Il Po esalava, oltre le sponde, i suoi microelementi, ovattando i radi rumori della piana. Era una natura refrattaria alla ragione del tempo. Sembrava distaccata, ferma. Come ombre di manichini i pochi abitanti stavano rinchiusi dietro le finestre delle case. Un pugno di uomini rifugiatisi all’osteria, imbrogliavano, credevano, il tempo, con il madrasso, ma in loro dimorava l’allerta sull’immane silente sostanza fluida che, per capriccio, avrebbe potuto inghiottirli... E’ stata la sensazione di una frazione di secondo, poi l’orologio ha ripreso a scandire la ragione del tempo, con il suo ritmo predeterminato”.

lunedì 2 agosto 2010

I 26 anni di Pino - Racconto di Riccardo Uccheddu

I 26 anni di Pino - Racconto di Riccardo Uccheddu

Un commovente, realistico e poetico racconto in omaggio alle vittime della strage di Bologna nella ricorrenza del trentennale dell'eccidio.
Cliccare qui:
http://riccardo-uccheddu.blogspot.com/2010/08/i-26-anni-di-pino.html
Un abbraccio a tutti
Nou

2 AGOSTO 1980 - STRAGE DI BOLOGNA

Ho appena ascoltato un' intervista a superstiti di quella strage che vivono segnati dal dolore del ricordo e dei danni fisici e morali incancellabili...