venerdì 30 ottobre 2009

Lettera del 2008: "Sono in busa"

Ciao amica mia. “Sono in busa”. Spiego la mia asserzione: rifiuto, ritiro, desiderio di ritorno allo stato embrionale. E’ un’espressione che mi hanno insegnato i miei figli.
Ho iniziato a scrivere delle note di questo malessere, sperando che il malessere passasse o almeno di capirlo un po’ di più. Scrivere mi prende molto tempo, questo spiegherà le mie future assenze dal blog.
Una telefonata di uno scrittore, da me molto apprezzato, ha scoperchiato la parte fragile, ma soprattutto insicura, di me che, malgrado tutti gli sforzi, fuoriesce nelle situazioni che si determinano improvvise ed inaspettate.
La telefonata rimane comunque un caro ricordo, dai toni gentili, che conserverò gelosamente. Oggi, ho un elemento in più per amare quello scrittore. Lui ha voluto ringraziarmi delle parole su una sua poesia (è anche poeta e drammaturgo), che gli ho scritto e che gli sono pervenute dopo un passaggio di posta elettronica di amici di amici, in cui si è persa la fonte. Sennò mi avrebbe scritto! E di questo che non mi perdono! Di non avergli detto SCRIVIMI ORA ECCO IL MIO INDIRIZZO! Si vede che doveva andare così e che devo soffrire la busa, restare embrione, bozzolo, prima di essere pronta per altro. Naturalmente ti sto raccontando della goccia che ha esondato. Il mio disagio esistenziale è un fiume in piena.
In riferimento alla donna-uomo in attesa di un figlio, penso che già sia impegnativo per un essere umano affrontare la determinazione della propria identità sessuale e che inserire in questa problematica una nuova vita sia davvero tanto. Avrà la forza di trovare per sé e di dare al figlio la necessaria felicità per la vita? Probabilmente lo crederà. Auguro che l’abbia.
Io non mi sento nauseata, della sua scelta, come donna e credo che l’indignazione non serva. La natura non mi indigna, mai.
Sono sopraffatta dalla inconsapevole leggerezza con cui si fa uso delle scoperte scientifiche. Ma si può davvero poter fare tutto, perdendo il senso del limite? Non dico di fare come ho fatto io che mi sono sottoposta a lunghi periodi di astinenza sessuale. Metodo Ogino-Knaus, astensione prima e dopo i parti e, in generale, una pratica romantica del sesso. Non dico questo! Perché questo appartiene alla mia generazione e a chi ha creduto in un certo stile di vita, pulito, trasparente, dove il progetto di vita della coppia era sorretto dai valori della famiglia. Lo stile a cui mi riferisco oltrepassava gli orientamenti politici, o religiosi. Provengo dal ceto rurale che sulla famiglia puntava tutto.
Ora sono qui dopo aver vissuto tanti cambiamenti. Aver visto il cambiamento. L’Italia contadina, il boom economico, l’immigrazione del sud verso il nord. La Fiat. Gli elettrodomestici. La lotta di classe. L’emancipazione femminile. Il sessantotto. Il terrorismo. Il governo dei socialisti e i bot di Pomicino. I governi tecnici. Berlusconi1 e Berlusconi2. Il governo salvitalia con le riforme e la lotta agli evasori e prossimamente, forse, quello che la rialza…che Dio me ne liberi! Ce ne liberi, penso di poter serenamente asserire.
Ora chiudo, ricordando la frase di un’infermiera che mi preparava per un elettrocardiogramma a cui mi ero sottoposta, molti anni fa, per intraprendere l’ennesima inutile cura contro il mio sovrappeso:
“Perché vuol sottoporsi ad una dieta? Ce la faranno fare LORO presto la dieta”.
Parole profetiche.
Di ciò che succede oggi, nel mondo, se ne parla soprattutto attraverso internet. Per noi italiani è così. Ma troppo ristretto è l’accesso.
Ciao di nuovo. Ritorno in busa. Io non ho la forza di quel transgender.

Che il divenire sia l'eternità?

La via perenne può essere la durata fisiologica della nostra vita, che ci ritroviamo a vivere senza averla chiesta e che finirà secondo un suo ordine, in cui la nostra volontà ne è esclusa. E che si ripete concatenandosi nel genere umano.
La vera via è misteriosa, una ricerca continua, legata da relazioni i cui effetti "sembrano" ai nostri sensi ed al nostro intelletto contraddittori, sovente, ma che rispetto alla vita nella sua interezza, non lo sono...Io credo!
Perché nascere per poi morire?
La vita, un tutto che ci è stato consegnato e che noi contrassegniamo dell'effimero, aggiungendo o sovrapponendo eventi e pensieri con le nostre complicate strutture mentali e sociali nel tentativo della volontà di condizionarne il flusso.

Frammenti di prose di Emily Dickinson

Nessun sogno si può paragonare alla realtà, perché la Realtà stessa è un sogno dal quale solo una porzione di Umanità si è risvegliata e parte di noi è una Penisola non familiare

Il sogno di Andrea

Andrea, ti ho già intravista lungo il corridoio di spalle. La sedia a rotelle t’incamera tutta salvo le tue esili spalle e la testa dalla voluminosa chioma. Voglio credere di essere in errore fino a che non ti avrò di fronte. Non puoi essere quell’Andrea scanzonata che pedalava veloce in sella alla bici con piglio sicuro e deciso lungo la via Piave, dove spesse volte ti ho incrociata. Ti vedo nel tuo curato abbigliamento sportivo. Basco verde e sciarpa a righe senape e arancione. Giacca chiara su pantaloni quadrettati che aderiscono alle tue smilze gambe, fantasmagoriche pulegge, nella circolare spinta sui pedali. Via Piave non è più la stessa. Pullula ora di romeni. Soprattutto donne che si occupano dei nostri anziani: le badanti. Sono seduti sulle panchine del giardinetto attiguo alle case dei ferrovieri benché la giornata sia molto ventilata. Lungo la via Piave non vi è più quel bar tutto tappezzato di drappi rossi, quadri a sfondo rosso e mazzi di rose rosse con il gestore gay che riempiva l’ambiente del suo canto. E noi si sorrideva della sua allegria, compiaciute, mentre sorseggiavamo il the. Quel bar non c’è più. Oggi, mi trovo qui perché sono in anticipo sull’orario del treno che mi porterà nel luogo della casa di riposo, e ho deciso di fare due passi. C’è una bella luce, la giornata è limpida. Il vento fresco mi si infila tra i capelli e li scompiglia. Fa freschetto, ma si sta bene in quest’ora di primo pomeriggio, si respira. Solamente, provo un senso di estraneità. Il cicaleccio ha suoni sconosciuti. Ma la melodia è la stessa dei convenevoli di tutti i luoghi di ritrovo del mondo. Andrea, piccola donna bizzarra nel tuo estro androgino, mantenutosi ancora adolescente in cerca di identità. Conosco la tua storia, me l’hai raccontata e vi hai incluso i tuoi sogni. Sogni rimasti intatti di animo adolescente. Avresti dovuto invitarmi alla rappresentazione del tuo Arlecchino servo di due padroni. Il teatro e la recitazione erano i tuoi sogni che hai potuto realizzare solo dopo. Dopo il lavoro. Dopo il matrimonio. Dopo la famiglia. Dopo i doveri…quando era troppo tardi per realizzare i sogni appieno. Oh! I tuoi veli di odalisca sopra i pantaloni a righe verde bottiglia e panna! Bastava un niente, una sciarpa leggera e l’enfasi di un gesto per catturare la magia del mondo fantastico che ti portavi dentro. Il treno mi porta. Sono comodamente seduta nella carrozza semivuota. Lo sferragliare leggero mi tiene desta l’attenzione. E questo andare mi rilassa e mi riporta piacevoli ricordi del nostro comune lavoro. Divertente e arguta collega ! Espletavamo un’ enorme mole di lavoro attraverso cavi , fili e spinotti accavallati fra i centralini: eravamo le signorine dei telefoni! La teleselezione ci ha espropriato della nostra professionalità! Quante curiosità hanno attraversato i nostri collegamenti di conversazioni coperte dal segreto professionale! “Voi telefoniste avete, come caratteristica comune, la qualità di essere molto aperte di mentalità: non vi meravigliate mai di nulla”, qualcuno ha osservato di noi. Già! Eravamo in contatto giornaliero con una campionatura veramente variegata del genere umano, della sua moralità, della sua arte, della bontà o della malvagità, dei desideri, delle speranze. Eravamo indirettamente partecipi, a volte indesiderate e involontarie testimoni della loro vita. La realtà superava di gran lunga la fantasia! Ne avevamo esperienza costante e si sorrideva di situazioni paradossali. Ci ridevamo sopra con ironia per prevaricare lo stress del lavoro incalzante: poche linee, tante prenotazioni, turni da rispettare e far rispettare. Tornavamo a casa rintronate di tanto parlare e far parlare, negli orecchi lo squillare di telefoni, negli occhi segnali verdi di inizio e rossi di fine conversazione. Tante volte in luogo del saluto esibivamo la formula convenuta per l’accettazione delle richieste telefoniche… “Prego, desidera?” Infine la teleselezione e l’automazione: risolse. Il treno mi ha portata da te. Sei tu nella carrozzina, e sei lì nel corridoio, sola. Non so come sarà il tuo umore oggi. Andrea com’è stato che tuo figlio, il tuo unico figlio non ne vuol più sapere di te …

mercoledì 28 ottobre 2009

Io mi ricordo

Dipinto di Carlo Preti

Io mi ricordo la chiesa di Sant’Andrea, gli altari di marmo rosso, nero, con venature bianche e le colonnette della balaustra di marmo di Carrara.
Io mi ricordo la barcona piena di bambini che andavamo a catechismo, dall’altra parte del Po.
Io mi ricordo Guerrino che remava con noi in barca.
Io mi ricordo l’acqua e le onde del Po.
Io mi ricordo il vestito bianco di tulle ed il disegno delle margherite sul tulle.
Io mi ricordo la prima comunione.
Io mi ricordo la cresima e le paste-fine in regalo nella scatola da scarpe bianca, grande.
Io mi ricordo il vescovo coi i paramenti scintillanti.
Io mi ricordo il parroco sudato.
Io mi ricordo il parroco arrabbiato.
Io mi ricordo il crocifisso precipitato sulla testa del parroco.
Io mi ricordo che tutti ridevano.
Io mi ricordo che papà aveva la lambretta.
Io mi ricordo che la lambretta aveva due sellini.
Io mi ricordo che faceva miscela alla ESSO
Io mi ricordo che papà mi portava sul sellino di dietro.
Io mi ricordo che portava me e la mamma, io seduta fra i due sellini su di un cuscino.
Io mi ricordo che io stavo in mezzo al papà e la mamma, sulla lambretta, quando andavamo al cinema.
Io mi ricordo che nel piazzale del cinema c’era la bancherella di Mario Saia.
Io mi ricordo che Mario Saia vendeva le paste-fine.
Io mi ricordo che in inverno la bancherella non si vedeva in mezzo alla nebbia. Io mi ricordo che si vedeva poco la luce della lampadina da venticinque candele in mezzo alla nebbia, sennò costava troppo.
Io mi ricordo che lo chiamavamo, Marihohoho, Marihohoho, ci sehihihi? E le paste-finhehehe?
Io mi ricordo che Mario Saia rispondeva, venite a vedere.
Io mi ricordo che guardavo il film due o tre volte.
Io mi ricordo che parlavamo della trama del film per tutta la settimana.
Io mi ricordo che l’inverno passava
Io mi ricordo che per Pasqua indossavo i calzini corti e le scarpe bianche, nuove.
Io mi ricordo le meravigliose primavere.

martedì 27 ottobre 2009

Auguste Rodin e Rose Beuret: sposi.

Ce jour là, dans la salle de la Mairie de Meudon, le Maire scindé de l'écharpe tricolore se tourne vers le sculpteur âgé de 77 ans : - "Auguste Rodin voulez-vous prendre pour épouse Rose Beuret ici présente"- "oui! Je le veux"Puis il se tourne vers Rose restée assise tant son état de santé est faible - elle est âgée de 73 ans - :- "Rose Beuret voulez-vous prendre pour époux Auguste Rodin ici présent"- " Enfin oui" répond-elle d'une voix faible. Puis elle jette un regard vers son mari avec un léger sourire de connivence aux lèvres. Auguste Rodin la regarde avec tendresse et passe sa main rugueuse dans son épaisse barbe.- " Vous êtes unis par les liens du mariage".Unis par les liens du mariage! Rose aura attendu 53 ans. Sa première rencontre avec Auguste date de 1864. Elle avait 20 ans lui 24; Il sortait du séminaire du Très Saint-Sacrement.Deux ans plus tard naissait leur fils naturel Auguste Eugène Beuret.

lunedì 26 ottobre 2009

Sola soletta...

C’era una volta una moneta che se stava sola soletta dentro una scatoletta.
Sonnecchiava, sbadigliava e si annoiava... ma, a volte, veniva sballottata da tutte le parti: il suo padroncino ne provava il tintinnio.
Tin, tin, ton! Tin, tin, tan! Ohi che musica, ohi che dolor!
La poveretta si ritrovava piena di ammaccature sui fianchi, sui gomiti, con bozzi in testa... dappertutto.
Se avesse avuto una compagna, avrebbe potuto abbracciarla durante il terremoto. Unite avrebbero riportato minor danno e maggior consolazione.
Il padroncino era arrabbiato con la moneta, perché non poteva scambiarla con alcunché. A questo lui spesso pensava, mentre giocherellava. La poveretta non ne poteva più e si ripeteva: “Io non potrò mai essere scambiata, sono troppo misera. Anche se mi arrivasse una compagna, avrei risolto il problema della solitudine, ma saremmo in due a subire contusioni”.
Diventava sempre più triste e sconsolata benché continuasse a riflettere: “E, se arrivassero delle soffici lire di carta? No, non servirebbero: il mio padroncino le scambierebbe all’istante ed io rimarrei, di nuovo, sola”.
Non c’era proprio nulla da fare, si doveva rassegnare ... ma, un giorno, accadde che una vecchietta, non molto abbiente per la verità, regalò al padroncino due biglietti da diecimila.
Cosa comprare con quei soldi? egli si domandò. Niente o quasi niente fu la risposta, anche quel denaro non era degno di considerazione e finì subito nella scatoletta.
“Oh! che bellezza!” - esclamò la monetina - “che morbido sofà!”
Da quel giorno poté abbandonare tutte le sue paure e le dolenti membra sul morbido e sicuro giaciglio, poiché ebbe la fortuna di finire, dimenticata, fra un biglietto e l’altro.

domenica 18 ottobre 2009

venerdì 16 ottobre 2009

L'eternità di Emily Dickinson

Dipinto di Bruna Gasparini

Come se il mare separandosi
Svelasse un altro mare,
questo un altro, ed i tre
solo il presagio fossero

d’un infinito di mari
non visitati da riva
- il mare stesso al mare fosse riva –
questo è l’eternità.

E. D.

Cosa ne dice l'acero

E per restare in tema del simpatico oroscopo celtico, benché mio padre e io siamo assolutamente italici, riporto cosa ne dice dei nati in questo giorno, ricorrenza del suo compleanno: “Sempre in ordine, spesso vanitoso, l’Acero cura moltissimo la propria persona. Ma lo fa in modo disinvolto, con una ricercatezza trascurata che dà l’impressione che il suo aspetto impeccabile sia dovuto al caso: ed è questo l’effetto che lui vuole ottenere. Non è certo un tipo comune. Forte, instancabile, ha una grande resistenza. Molto riservato, piuttosto chiuso e timido di natura, può diventare audace se spinto dalla curiosità insaziabile che lo caratterizza. Esce molto, gli piace fare nuove conoscenze e ricevere confidenze. Ma non abbiate timore di confidargli i vostri segreti: non giudica e non ne parla con nessuno...tutt’al più ne scrive! In questo caso potrete avere la soddisfazione di ritrovarvi protagonisti di un romanzo.”

martedì 13 ottobre 2009

Bonjour à tout le monde! Ciao a tutti!

Sono nata nel Delta del Po in una piccola casetta presso il fiume. Ora al suo posto si erge il rinforzamento dell’argine. La casetta era rossa. Io prediligo il colore rosso e il rumore dell’acqua: non è certamente un caso inspiegabile. Ciò che è inspiegabile per ognuno di noi è il perché lì e il perché da lì.
Era il venti di marzo, le tre del pomeriggio. Il vento di tramontana aveva spazzato via l’inverno. Per i nati come me l’oroscopo celtico riserva l’egida del Tiglio e dice:
“Il Tiglio dedica all'amicizia e alla compassione per gli altri buona parte della sua vita. È un segno che ha forti legami con il sonno e l'ipnosi, sa come rendersi indispensabile, creando con facilità una certa dipendenza negli altri. In caso di necessità per aiutare gli amici sa mentire con convinzione, riesce normalmente a donare una persistente sensazione di calma. Comunque, il vero carattere del Tiglio è distante dalla menzogna e dalla falsità. Cercando di mimetizzare la loro delicatezza d'animo, i nati sotto il segno del Tiglio, non riescono a controllare le sottigliezze diplomatiche”.
Mi riconosco in questa analisi.