giovedì 30 settembre 2010

Impressioni

Il primo incontro di scrittura/lettura si è concluso. La sala gremita di aspiranti scrittrici/lettrici si svuota piano piano con ordine. Si sente un brusio di voci effervescenti che accompagnano gli arrivederci alla prossima volta.
Alla spicciolata raggiungiamo Viale Garibaldi e da qui ci disperdiamo ognuna verso la propria destinazione.
M’ incammino verso Via San Donà e la percorro a piedi per due chilometri . Le gambe procedono a passi ritmati: un-due, un-due, sembrano comandate da un ingranaggio meccanico. Sento soprattutto il rombo delle auto che sfilano vicinissime…swum…swum… che svicolano poi in lontananza.
E’ una serata illuminata dalla luna che fa la sorniona e mi pedina da sopra i tetti.
Strada facendo ripenso ai racconti e ai commenti su di essi che ne sono seguiti. Sono ancora pervasa da un piacevole entusiasmo.
Le donne raccontano per lo più la propria vita. Non raccontano il mondo, ma se stesse al mondo: vale a dire che raccontano il mondo al mondo.
Nella vita sono protagoniste misconosciute, per quanto ovvio e codificato viene considerato il loro agire. Nella scrittura diventano autrici della loro esistenza, individui liberi di esprimere il pensiero e i sentimenti con autenticità. Mentre si aprono all’ uditorio, con la lettura del proprio testo , tradiscono l’emozione che le attraversa. Nei toni passano vibrazioni di pudore, un po’ di incertezza, gioia, speranza di essere capite, condivisione e anche affermazione di se stesse, nelle storie vere o di fantasia che vivono nell’animo. Si ascoltano racconti molto diversi fra loro, secondo le diverse personalità e esperienze.
Nel corso di quest’ incontri (ne ho fatti altri in anni precedenti), si dispiegano mondi interiori e una grande solidarietà umana al femminile, giacché sono frequentati prevalentemente da donne.
Naturalmente l’atmosfera che anima la riunione diviene evanescente non appena ognuna, separatamente, si avvia verso casa, come la consuetudine impone.

venerdì 17 settembre 2010

Forza di volontà e d’animo

Antonio Gramsci dal carcere scrive alla moglie: lettera 27 giugno 1932, tratta da "Lettere dal Carcere " a cura di Riccardo Uccheddu - La Riflessione ed.
"Carissima Julca,
ho ricevuto i tuoi foglietti, datati da mesi e giorni diversi. Le tue lettere mi hanno fatto ricordare le novelline di uno scrittore francese poco noto, Lucien Jean, credo, che era un piccolo impiegato in una amministrazione municipale di Parigi. La novella si intitola Un uomo in un fosso. Cerco di ricordarmela. Un uomo aveva fortemente vissuto, una sera; forse aveva bevuto troppo, forse la vista continua di belle donne lo aveva un po’ allucinato; uscito dal ritrovo, dopo aver camminato un po’ a zig-zag per la strada, cadde in un fosso. Era molto buio, il corpo gli si incastrò tra rupi e cespugli; era un po’ spaventato e non si mosse, per timore di precipitare ancora più in fondo. I cespugli si ricomposero su di lui, i lumaconi gli strisciarono addosso inargentandolo (forse un rospo gli si posò sul cuore, per sentirne il palpito, e in realtà perché lo considerava ancora vivo). Passarono le ore; si avvicinò il mattino e ai primi bagliori dell’alba incominciò a passar gente. L’uomo si mise a gridare aiuto. Si avvicinò un signore occhialuto; era uno scienziato che ritornava a casa, dopo aver lavorato nel suo gabinetto sperimentale. «Che c’è?» domandò. «Ah, ah! Vorresti uscire dal fosso! E che ne sai tu del libero arbitrio, del servo arbitrio! Vorresti vorresti! Sempre così la ignoranza. Tu sai una cosa sola: che stavi in piedi per le leggi della statica, e sei caduto per le leggi della cinematica. Che ignoranza, che ignoranza!» E si allontanò, scrollando la testa tutto sdegnato. Si sentì altri passi. Nuove invocazioni dell’uomo. Si avvicina un contadino, che portava al guinzaglio un maiale da vendere, e fumava la pipa: «Ah, ah! Sei caduto nel fosso, eh! Ti sei ubriacato, ti sei divertito e sei caduto nel fosso. E perché non sei andato a dormire, come ho fatto io?». E si allontanò, con passo ritmato dal grugnito del maiale. E poi passò un artista, che gemette perché l’uomo voleva uscire dal fosso: era così bello, tutto argentato dai lumaconi, con un nimbo di erbe e di fiori selvatici sotto il capo, era così patetico! E passò un ministro di Dio, che si mise a imprecare contro la depravazione della città che si divertiva e dormiva mentre un fratello era caduto nel fosso, si esaltò e corse via per fare una terribile predica alla prossima messa. Così l’uomo rimaneva nel fosso, finché non si guardò intorno, vide con esattezza dove era caduto, si divincolò, si inarcò, fece leva con le braccia e le gambe, si rizzo in piedi, e uscì dal fosso con le sole sue forze. Non so se ti ho dato il gusto della novella, e se essa sia molto appropriata. Ma almeno in parte credo di sì: tu stessa mi dici che non dai ragione a nessuno dei due medici che hai consultato recentemente, e che se finora lasciavi decidere agli altri ora vuoi essere più forte. Non credo che ci sia neanche un po’ di disperazione in questi sentimenti: credo che siano molto assennati. Occorre bruciare tutto il passato e ricostruire tutta una vita nuova: non bisogna lasciarsi schiacciare dalla vita vissuta finora, o almeno bisogna conservare solo ciò che fu costruttivo e anche bello. Bisogna uscire dal fosso e buttare via il rospo dal cuore.
Cara Julca, ti abbraccio teneramente
Antonio"
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Ho scelto di postare questa lettera di A. Gramsci, già molto malato, indirizzata alla moglie Giulia (Julca), per la tenerezza e la tensione verso la persona amata. Si sottende sempre l’amore nelle lettere di Gramsci, per i familiari e, più in generale, verso la condizione della persona umana nelle sue manifestazioni, che comprende profondamente. Sono ricche di insegnamenti per ognuno di noi, credo…io ne ho trovati!

martedì 14 settembre 2010

Marta Dalla Via in "Veneti Fair"



ASSOCIAZIONE PPTV PRESENTA:

Venerdi 17 settembre 2010 ore 16.30
Cinema LuX, Via Felice Cavallotti 9, PADOVA


Veneti Fair




“Il 23 ottobre 1997 go ciapà un treno e son partìa”
Era fatta, ora ero ufficialmente una nord-est-ranea. Con questo sguardo ho provato a raccontare il mio rapporto d’amore-odio con il veneto e i suoi abitanti, ne è uscita una giostra di personaggi grotteschi che con lucida follia provano a rispondere ad esplosivi quesiti: il nord è così diverso dal sud? Forse al nord non si evadono le tasse? Forse al nord non ci sono “amici” o parenti pronti a dare una spintarella? Forse al nord non si paga il pizzo? Non si lavora in nero? Non ci sono furti o delitti?
“Veneti Fair” e la storia di un divorzio e mentre la racconto mi scappa da ridere.
Miss Polenta, Il Morto di Biancosarti, La Pettegola Bigotta, Il Professore Emigrato e molti altri faranno da lente di ingrandimento in modo da creare un ironico punto di vista sul tema dell’appartenenza.


Marta Dalla Via

venerdì 3 settembre 2010

L'attesa

Ringrazio per questa foto Stella Ginevra