mercoledì 18 novembre 2009

I miei due grilli parlanti

"La mia mamma va a palazzo, con il dizionario sotto il braccio, va ad inventare la sua storiella che l’è sempre alquanto bella”. Sorridendo, i miei ragazzi m’incalzano canzonatori con la parodia di una nenia dei vecchi tempi che recitava: “Pinocchietto va a palazzo, col suo libro sotto il braccio; va a spiegare la sua ragione: Pinocchietto va in prigione!"
La sentivo canticchiare dalle mamme mentre dondolavano “a cavalluccio” i loro piccoli in groppa al dorso del piede in conclusione del “tutù, tutù musseta”.
E’ una cantilena che anch’io ho canterellato, nei primi anni della loro vita, tramandando la tradizione.
Ho sempre creduto che la melodia avesse la sola funzione di sopire l’eccitazione dei bimbi. Oggi osservo, fra le righe, che si può leggere un messaggio di sfiducia nel ceto dominante. Il “Palazzo” era l’abitazione del proprietario della “Tenuta” o sede delle “Autorità”; il “libro sotto il braccio” era simbolo dell’istruzione e “spiegare la sua ragione” significava far valere i propri diritti che puntualmente erano disattesi in quanto la “ragione” portava in “prigione”. E’ un’allegoria di una sottintesa denuncia verso il potere del padronato rurale da parte della popolazione contadina di fine ottocento e inizio del novecento. I ragazzi notano che manca la simbologia della popolazione contadina ed io rispondo loro che naturalmente è incarnata in Pinocchietto. Loro mi guardano con tenera comprensione e poi sferrano il colpo finale e li sento dire fra il serioso e il faceto : "Pinocchietto sei tu mamma!"

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