non avrò vissuto invano -
Se allevierò il dolore di una vita o allevierò una pena -
O aiuterò un pettirosso caduto a rientrare nel nido
Non avrò vissuto invano.
Poco fa, mentre sorseggiavo la mia porzione di caffè “tripla” seduta comodamente sul divano, guardavo le immagini scorrere sul televisore e ho fatto talmente tanti pensieri! In pratica ho scritto un libro nella mente.
Caro P.,
Novembre 2005:
"La mia mamma va a palazzo, con il dizionario sotto il braccio, va ad inventare la sua storiella che l’è sempre alquanto bella”. Sorridendo, i miei ragazzi m’incalzano canzonatori con la parodia di una nenia dei vecchi tempi che recitava: “Pinocchietto va a palazzo, col suo libro sotto il braccio; va a spiegare la sua ragione: Pinocchietto va in prigione!"
Le miracle survient alors, il tombe amoureux fou de Laura. "Quarante-cinq ans de petite routine et la Vie tout d’un coup, avec plein de V majuscules."
L’Amour aveugle et son auteur Patrick Cauvin
Ciao amica mia. “Sono in busa”. Spiego la mia asserzione: rifiuto, ritiro, desiderio di ritorno allo stato embrionale. E’ un’espressione che mi hanno insegnato i miei figli.
La via perenne può essere la durata fisiologica della nostra vita, che ci ritroviamo a vivere senza averla chiesta e che finirà secondo un suo ordine, in cui la nostra volontà ne è esclusa. E che si ripete concatenandosi nel genere umano.
Andrea, ti ho già intravista lungo il corridoio di spalle. La sedia a rotelle t’incamera tutta salvo le tue esili spalle e la testa dalla voluminosa chioma. Voglio credere di essere in errore fino a che non ti avrò di fronte. Non puoi essere quell’Andrea scanzonata che pedalava veloce in sella alla bici con piglio sicuro e deciso lungo la via Piave, dove spesse volte ti ho incrociata. Ti vedo nel tuo curato abbigliamento sportivo. Basco verde e sciarpa a righe senape e arancione. Giacca chiara su pantaloni quadrettati che aderiscono alle tue smilze gambe, fantasmagoriche pulegge, nella circolare spinta sui pedali. Via Piave non è più la stessa. Pullula ora di romeni. Soprattutto donne che si occupano dei nostri anziani: le badanti. Sono seduti sulle panchine del giardinetto attiguo alle case dei ferrovieri benché la giornata sia molto ventilata. Lungo la via Piave non vi è più quel bar tutto tappezzato di drappi rossi, quadri a sfondo rosso e mazzi di rose rosse con il gestore gay che riempiva l’ambiente del suo canto. E noi si sorrideva della sua allegria, compiaciute, mentre sorseggiavamo il the. Quel bar non c’è più. Oggi, mi trovo qui perché sono in anticipo sull’orario del treno che mi porterà nel luogo della casa di riposo, e ho deciso di fare due passi. C’è una bella luce, la giornata è limpida. Il vento fresco mi si infila tra i capelli e li scompiglia. Fa freschetto, ma si sta bene in quest’ora di primo pomeriggio, si respira. Solamente, provo un senso di estraneità. Il cicaleccio ha suoni sconosciuti. Ma la melodia è la stessa dei convenevoli di tutti i luoghi di ritrovo del mondo. Andrea, piccola donna bizzarra nel tuo estro androgino, mantenutosi ancora adolescente in cerca di identità. Conosco la tua storia, me l’hai raccontata e vi hai incluso i tuoi sogni. Sogni rimasti intatti di animo adolescente. Avresti dovuto invitarmi alla rappresentazione del tuo Arlecchino servo di due padroni. Il teatro e la recitazione erano i tuoi sogni che hai potuto realizzare solo dopo. Dopo il lavoro. Dopo il matrimonio. Dopo la famiglia. Dopo i doveri…quando era troppo tardi per realizzare i sogni appieno. Oh! I tuoi veli di odalisca sopra i pantaloni a righe verde bottiglia e panna! Bastava un niente, una sciarpa leggera e l’enfasi di un gesto per catturare la magia del mondo fantastico che ti portavi dentro. Il treno mi porta. Sono comodamente seduta nella carrozza semivuota. Lo sferragliare leggero mi tiene desta l’attenzione. E questo andare mi rilassa e mi riporta piacevoli ricordi del nostro comune lavoro. Divertente e arguta collega ! Espletavamo un’ enorme mole di lavoro attraverso cavi , fili e spinotti accavallati fra i centralini: eravamo le signorine dei telefoni! La teleselezione ci ha espropriato della nostra professionalità! Quante curiosità hanno attraversato i nostri collegamenti di conversazioni coperte dal segreto professionale! “Voi telefoniste avete, come caratteristica comune, la qualità di essere molto aperte di mentalità: non vi meravigliate mai di nulla”, qualcuno ha osservato di noi. Già! Eravamo in contatto giornaliero con una campionatura veramente variegata del genere umano, della sua moralità, della sua arte, della bontà o della malvagità, dei desideri, delle speranze. Eravamo indirettamente partecipi, a volte indesiderate e involontarie testimoni della loro vita. La realtà superava di gran lunga la fantasia! Ne avevamo esperienza costante e si sorrideva di situazioni paradossali. Ci ridevamo sopra con ironia per prevaricare lo stress del lavoro incalzante: poche linee, tante prenotazioni, turni da rispettare e far rispettare. Tornavamo a casa rintronate di tanto parlare e far parlare, negli orecchi lo squillare di telefoni, negli occhi segnali verdi di inizio e rossi di fine conversazione. Tante volte in luogo del saluto esibivamo la formula convenuta per l’accettazione delle richieste telefoniche… “Prego, desidera?” Infine la teleselezione e l’automazione: risolse. Il treno mi ha portata da te. Sei tu nella carrozzina, e sei lì nel corridoio, sola. Non so come sarà il tuo umore oggi. Andrea com’è stato che tuo figlio, il tuo unico figlio non ne vuol più sapere di te …
C’era una volta una moneta che se stava sola soletta dentro una scatoletta.
E per restare in tema del simpatico oroscopo celtico, benché mio padre e io siamo assolutamente italici, riporto cosa ne dice dei nati in questo giorno, ricorrenza del suo compleanno: “Sempre in ordine, spesso vanitoso, l’Acero cura moltissimo la propria persona. Ma lo fa in modo disinvolto, con una ricercatezza trascurata che dà l’impressione che il suo aspetto impeccabile sia dovuto al caso: ed è questo l’effetto che lui vuole ottenere. Non è certo un tipo comune. Forte, instancabile, ha una grande resistenza. Molto riservato, piuttosto chiuso e timido di natura, può diventare audace se spinto dalla curiosità insaziabile che lo caratterizza. Esce molto, gli piace fare nuove conoscenze e ricevere confidenze. Ma non abbiate timore di confidargli i vostri segreti: non giudica e non ne parla con nessuno...tutt’al più ne scrive! In questo caso potrete avere la soddisfazione di ritrovarvi protagonisti di un romanzo.”
Sono nata nel Delta del Po in una piccola casetta presso il fiume. Ora al suo posto si erge il rinforzamento dell’argine. La casetta era rossa. Io prediligo il colore rosso e il rumore dell’acqua: non è certamente un caso inspiegabile. Ciò che è inspiegabile per ognuno di noi è il perché lì e il perché da lì.