mercoledì 28 aprile 2010

Incontri

Marc Chagall
Toh! Mah, guarda te, la Tecla! Mi son detta, stupefatta. Che ci fa qui in piazza Ferretto. Dovrebbe stare in quel di Bellano, nel paese di Andrea Vitali. L’ho incontrata attorno a mezzodì. Passava davanti al negozio di Gentiloni, dove io sbirciavo dalla vetrina per capire se sugli scaffali ci fosse stata la cera Fila per il cotto, che cercavo da tempo. Indugiavo, non avevo voglia di entrare. Ed è stato per questo che l’ho incontrata mentre svoltava l’angolo. Armeggiava con l’ombrello pieghevole, che sarà comodo perché ci sta nella borsa, disse, rivolta a me, ma non si indovina mai lo scatto per aprirlo. Tu premi il bottone, ma si apre quando vuole lui e intanto la prendi.
Posso aiutarla?, le ho chiesto. Ma no, grazie. Tanto devo arrivare alla fermata del Venezia, in via Poerio, due passi e ghe sbicio anca all’ombrela, disse in veneziano. Ma l’accento tradiva la sua origine meridionale. Una Tecla calabrese, contadina, del podere strappato al bosco sull’altopiano silano, dove sua cognata le cura la piccola proprietà e ogni anno la rifornisce dei meravigliosi frutti di quelle terre rosse che solo poggiandovi sopra lo sguardo, si muove il languore per i loro doni. Io, signora, le confessai, provo il desiderio di nutrirmi della vostra terra rossa. Ne metterei in bocca delle manciate. Devono essere ricche di ferro, minerale di cui sono sempre stata carente. Ma che mangiare terra, si schernì, avendomi intesa alla lettera: di limoni, di fichi d’india, di olive e di fichi nostrani, di mele e tutto il resto, le dico. Tutto il ben di Dio che ci cresce: è di quello che bisogna nutrirsi! E il salamino piccante… disse illuminandosi in volto, lasciamo stare!
Aveva voglia di chiacchierare quel donnino minuto dal viso grinzoso coronato da capelli brizzolati e crespi. Erano trattenuti da un foularino di lanetta. Un triangolo di tessuto esiguo che le lasciava fuoriuscire due cespi di folta capigliatura dai lati. Uno scheletrino di donna con il ventre incavato ed il dorso un po’ ingobbito, più per la mancanza di ciccia che per difetto scheletrico. Gli occhi vispi, profondi, e sapienti, divenuti con il tempo diffidenti, quel giorno, in quel momento, erano ridenti, fiduciosi.
Non faceva "puff" come l’autentica Tecla. Lei respirava bene: solo, muoveva nervosamente il capo quando si agitava. Sì, mostrava ansia, perché aveva voglia di chiacchierare e devo essere stata per lei un’occasione da non perdere. Le ho infuso fiducia e si è trovata di fronte ad una confidente inaspettata. La qualità più rilevante era la mia anonimità. Una sconosciuta alla quale aprirsi per svuotare l’animo dall’ingombro di tanti soprusi, e che poi sarebbe svanita nel nulla conservando i suoi segreti intatti. Segreti che aveva bisogno di condividere per sentirsi risollevata. Ma segreti che dovevano assolutamente rimanere tali.
Io non la misi sull'avviso che ho la passione dello scrivere. In quel momento, non pensavo certo che mi sarebbe rimasta così presente, un carico pendente: un sovraccarico di notizie difficili da tenere celate, dentro...
E forse un giorno…

6 commenti:

  1. E hai fatto proprio bene a non tenere celate queste notizie, descrivendo l'incontro con la Tecla in maniera dolce e nello stesso tempo piena di "sapori".
    Personalmente ho trovato molto piacevole leggere di questo tuo incontro.

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  2. Ciao Aldo! Mi fa piacere che i sapori da me descritti siano di tuo gusto.
    Ho appena aggiunto un dipinto di Chagall che è il mio pittore preferito: trasforma il ricordo in sogno e io vorrei saper fare altrettanto con i miei "brevi".

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  3. Nou...sei una donna molto sensibile e sabia...
    tuo blog e pieno di belle imagini come la di Chagall....
    mi piacciono molto quello che scrivi tutte le tue immagini,,
    un bacio forte

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  4. Ciao Gianna e buona giornata.
    Mi piacerebbe scrivere nella tua lingua come tu sai scrivere nella mia. Per il momento mi sembra di aver migliorato la comprensione e ne sono felice.

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  5. Ciao Noun, quanto ci può regalare una sconosciuta, senza saperlo...

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  6. Ciao Stella, moltissimo. Soprattutto nell'aprire l'animo con assoluta sincerità. E poi ... nulla va perduto, reciprocamente.

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