sabato 16 ottobre 2010

Il Romanzo

Mi sto imbattendo in questi giorni ripetutamente sul tema del romanzo. Ne parlano gli intervistatori televisivi e ne deduco debba essere un argomento di attualità.
In realtà il dibattito è iniziato e ha cominciato a divulgarsi da qualche anno fra il popolo dei lettori.
E’ un interrogativo che si pongono diversi scrittori di nuova generazione. Alcuni dei quali destinati a diventare i “classici” dei nostri nipoti e pronipoti.
Nelle mie già accennate frequentazioni di corsi e laboratori di scrittura ho avuto modo di capire la complessità dell’espressione letteraria.
I docenti si esprimevano nel loro linguaggio erudito come è giusto che sia e che certamente io non sono in grado di riportare (mannaggia ai miei esigui studi commerciali), MA mi hanno fornito delle indicazioni utili alla scelta dello svolgimento dei miei testi. Approccio la prosa cercando di non mescolare i generi e gli stili, e anche di comporre il testo secondo il mio pensiero e sentimento: secondo me!
Uscendo dalla mia visione personale, sento dire che il romanzo, come genere letterario sia morto, come Dio per Nietzsche, come il mito di Prometeo per gli osservatori dei nostri tempi.
Mi sembra che si voglia dire che quell’uomo che esprimeva l’arte del romanzare sia scomparso. La mente dell’uomo odierno sembra non essere più strutturata a tale costruzione. E cito una frase di F.N. “Pensiamo troppo rapidamente e strada facendo, mentre camminiamo, mentre attendiamo a negozi d’ogni genere, anche quando meditiamo su quanto c’è di più serio; abbisogniamo di poca preparazione, perfino di poco silenzio – è come se portassimo in giro nella testa una macchina dall’inarrestabile rullio, che neppure nelle condizioni più sfavorevoli cessa di lavorare.”
Gli scrittori sanno sicuramente, tecnicamente, strutturare un romanzo: un romanzo con nella testa l’inarrestabile rullio che tutti ci portiamo in giro, da più di un secolo ormai.
Nonostante questo indiscutibile cambiamento, tantissime persone vogliono raccontare. Molti usano la forma del racconto breve o più o meno breve. Una docente dei proverbiali corsi, si domandava se la forma del racconto non fosse un’espressione di genere femminile, dato che molte donne l’adottano?
Io non saprei che dire. E, sinceramente, era quello che volevo dire.
Una cosa è certa: viviamo un rifiorire della prosa e della poesia e moltissime persone, moltissime!, scrivono, come più pare e piace, ma scrivono malgrado tutto e questo è molto stupefacente: chissà cosa ne avrebbe pensato il grande filosofo?!

4 commenti:

  1. Io non lo so se quello che scribacchio è prosa oppure chissà che. Lo faccio perchè mi piace come se io stessi parlando a viva voce con qualcuno e gli racconto cose.
    Nella poesia non mi cimento per rispetto verso gli altri che inorridirebbero (l'avrò scritta giusta 'stu'ultima parola? Boh!)

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  2. L'hai scritta giusta senza bisogno di controllare il vocabolario, come faccio io spesso. Perché non mi mandi qualche poesia? Prova! Io di certo non inorridirei...ah,ah, se l'hai scritto sbagliato tu, l'ho scritto sbagliato anch'io perché l'ho buttato giù come m'è venuto.
    Ciao Aldì!
    Buona domenica, Nou.

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  3. Ciao, volevo farti i miei complimenti per questo blog davvero bello e interessantte. Lascio l'indirizzo della mia pagina, penso che possa piacerti.
    A presto!
    http://misselizab3th.blogspot.com/

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  4. Ti faccio anch'io i complimenti per il tuo.
    Ciao Lizzy e grazie.
    A presto, Nou.

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