venerdì 1 ottobre 2010

Il medico di famiglia e l'anziana paziente


La sala d’attesa dell'ambulatorio medico è popolata da numerosi pazienti. Nara conversa con una sua coetanea mentre aspetta il proprio turno.
- Ti ricordi del tempo in cui questi locali erano la nostra scuola elementare?
- Mi ricordo, eccome! Qui dove siamo sedute c’erano i bagni ed ai lati le due aule. Solo due aule, ma tanti bambini! Almeno una quarantina per classe!
- Eravamo in parecchi, infatti! Tutti i nati nove mesi dopo la Liberazione, classe 1946!
- Dovevamo fare il turno di pomeriggio perché i posti erano insufficienti!
Così Nara si intrattiene con Chiara in una conversazione dal sapore antico, con il tono pacato di un’educazione verbale appresa quando la televisione non c’era. Un tono in armonia con il fruscio delle fronde dei salici attraversate dalla brezza marina, dal lento scivolìo del fiume verso la foce; non proposizioni in corsa con i tempi televisivi, troppo costosi per non essere freneticamente riempiti. Le generazioni susseguenti alla loro, ne hanno subito l’influsso e parlano con frasi brevi e frettolose. Si può dire che più che conversare, sentenzino.
Nara si sente bene, cullata da quell’anima polesana che si contraddistingue per la comunanza di esperienze e per l’appartenenza territoriale e sociale. Si sente a casa!
E’ arrivato il suo turno ed entra nell’ambulatorio.
Il medico è confinato dietro la scrivania e la osserva da sopra gli occhiali, appoggiati sulla punta del naso.
- Sono la figlia della signora Beatrice - si presenta Nara, per timore di non essere prontamente riconosciuta e quindi per non creare imbarazzo al medico.
- Lo so! – Risponde l’uomo con un tono che significava: “Non c’è bisogno di questo preambolo!”.
- Sono qui per mia madre, che è piena di dolori, e per dirle che la sua richiesta di ricovero ospedaliero non è stata accolta al pronto soccorso.
- Era prevedibile! Ma è bene che sua mamma, con il caratterino che ha, ne faccia esperienza diretta, altrimenti crede che non ci si occupi abbastanza di lei. –
- A chi lo dice! Ma cosa faccio io, ora, contro i suoi malanni?
Il medico, che è anche specializzato in neurologia, a questo punto si rivolge a Nara in veste di specialista.
- In primo luogo lei non deve essere così ansiosa, altrimenti mette sua madre ancor più in agitazione! In secondo luogo…
Nara non lo segue più perché rimane colpita da quelle parole.
Da qualche tempo è molto ansiosa, infatti. Presa da tante preoccupazioni è ansiosa da star male, da non dormire la notte. Ma si sorprende nel constatare che il disturbo sia così evidente. D’altra parte, minimizza, si tratta di un “addetto ai lavori”, se non se ne fosse accorto lui, chi sennò?
E’ un uomo di poche parole, indagatrici. Nara si sente sempre un po’ aggredita dal suo modo di fare cattedratico, ma non intimidita. Prova per lui una segreta stima e gratitudine perché, forse a sua stessa insaputa, è stato per lei un maestro. Anni addietro, ha saputo, con una frase detta al momento giusto, aprirle un ingresso ad una vita più saggia. La frase era: - Non si può cambiare la testa agli altri; ognuno può, invece, cambiare la propria! –
Subito pensò fosse polemica gratuita, più tardi, Nara, comprese il profondo significato di quelle parole. Da quel momento è stata molto meno esigente con le altre persone e più esigente con se stessa. Ha riflettuto molto sui propri ed altrui comportamenti, imparando a riconoscerne i limiti e a desistere per lasciare a ciascuno la propria libertà, senza tuttavia arrendersi nelle vicende della vita personale e di relazione. Ha intrapreso così un sentiero non ben definito e non facile da percorrere, ma significativo in una vita di relazione più consapevole.
- Sua madre è sana, per sua fortuna, e gli acciacchi sono compatibili con l’età avanzata. Non si preoccupi per lei e le dica di chiamare me all’occorrenza! -
In questo modo, generosamente, il medico dispensa Nara dall’onere della visita per procura, già prevedendo che sua madre gliene avrebbe richieste una sfilza.
Segue l’anziana donna da più di trent’anni. Lui di lei dice che ha un “caratterino”. Lei di lui dice che a volte è “sustoso” (burbero), ma che con lei si è sempre comportato bene e, come dottore, “quando vuole” sa il fatto suo.Il colloquio finisce e Nara si congeda. Probabilmente lo fa con un’espressione che ricorda la madre perché nota nello sguardo del medico che sormonta le lenti, un lampo di divertita tenerezza.

6 commenti:

  1. Ciao Nou.
    Come un affresco, una descrizione molto naturale e nello stesso simpatica di una visita ambulatoriale sia pure per "conto terzi", con il contorno di ricordi piacevoli.

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  2. Ciao Nounosa!
    Durante la lettura di questo tuo racconto mi è parso di trovarmi nell' ambulatorio, da spettatrice.
    La madre, inoltre, mi ricorda un' altra madre..
    La saga di Nara continua ad avvincermi.
    Brava*

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  3. Stella, Aldo, Laura*, grazie dei vostri apprezzamenti.
    @Stella, i miei racconti tendono a fissare flash di ricordi, e in genere compongo ritratti di piccoli scenari del tempo perduto.
    @Aldo, un affresco della memoria in un'atmosfera di risonanze tenui. Episodi rari.
    @Laura*, Ho voluto scrivere questo testo in omaggio al medico che aveva avuto un "braccio di ferro" con l'anziana paziente.

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  4. Solo ora riesco a raggiungere questo tuo post,mi si presentava sempre il precedente e sarebbe stato un peccato perdere una descrizione tanto accurata dei nostri modi di agire e reagire ai fatti della vita.
    Buon weekend anche a te,gentile signora
    Cristiana

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  5. Ciao Cristiana. Certamente il mio blog non è stato installato a puntino e qualcosa può, in qualsiasi momento, non funzionare. Mi fa piacere la tua presenza, e riguardo ai tempi, certamente non mi formalizzo, io stessa vado spesso a sfogliare vecchie pagine, con calma! :))
    P.S.Quei leghisti si sono arrangiati per benino! Sembra non si possa mai essere presenti a tutto, è tristissimo che questo accada in barba al Presidente Napolitano...e in barba nostra che certamente non vogliamo squadroni mossi da ideologie politiche...mi sa che nessuno svolge il suo compito diligentemente. Se ne sarebbero ben dovuti accorgere i collaboratori del Capo dello Stato anche se gli emendamenti erano 1050. Mah!!!

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