domenica 28 febbraio 2021

Cessi, paure, disagi.

La scuola elementare di Borgo Polesinino era fredda e buia, non aveva ancora l'impianto elettrico. Era provvista di tre cessi alla turca e di due aule numerose. Quei cessi erano il mio incubo! Avevo il terrore di scivolare nel buco e di affogare nella melma di merda quando tiravo l'acqua. Come quella volta alla stazione ferroviaria di Mestre dove, io e il papà, dovevamo prendere la coincidenza per Palmanova del Friuli. Allora l'acqua l'ha tirata la donna dei gabinetti, io non ci arrivavo. Una donna che voleva passare per buona, faceva dei sorrisi a papà che aspettava oltre il corridoio mentre io, non vedendolo più, credevo di averlo perso. Ma buona non era. Lo capii da come mi strattonava. Era nervosa, stressata, forse a causa di quel lavoro, per l'appunto, lavoro di merda. Non ricordo perché fu intempestiva nel tirare la catenella. Dovetti fuggire dall'inaspettato rovescio con le mutande alle ginocchia. Avevo allora cinque anni e non avevo mai visto prima un cesso alla turca. Il servizio igienico di casa era utilizzato da due famiglie, la mia e quella di zio Giuliano. Era annesso ai "bassi comodi" costruzione adibita a stalla, pollaio, porcile e al basso comodo del gabinetto, per l'appunto. La struttura confinava su due lati con il letamaio, dove in autunno si riversavano i liquami della fossa biologica che poi durante l'inverno maturavano un nutriente humus utile al rinvaso dei gerani in primavera. Sui restanti lati si estendeva il cortile dove razzolavano i polli. Il gabinetto di decenza consisteva in un sedile di legno con ampio foro centrale coperto da una tavoletta estraibile, un vero coperchio con maniglia. L'acqua, che serviva per ripulire il ripiano da eventuali schizzi, bisognava portarla con un secchio. Ma poiché si era in parecchi e non tutti molto ordinati, mia mamma mi suggerì di salire sopra il sedile in modo tale da non entrare in contatto con l'eventuale sporcizia. Vale a dire che senza saperlo mi posizionavo "alla turca". La parete perimetrale dell'angusto vano, era stata costruita con piccole aperture a croce che formavano una greca appena sotto il soffitto, ed una feritoia centrale, poco più sotto, per la luce e l'aerazione. In inverno il freddo ci inibiva lo sfintere cosi che lo stimolo ci passava, salvo a riprovarlo non appena si rientrava al caldo della casa. Era un andirivieni tragicomico. Poiché tutti dovevamo condividere quella organizzazione bifamiliare e poiché era a quel tempo una condizione ampiamente diffusa, non si faceva mistero dello scopo del transito attraverso il cortile neppure con chi vi capitasse per caso. Non c'era nulla di male e, se gli avanzava di fare il burlone, ci si rideva sopra. Se però si avevano le corna di traverso, c'erano le risposte piccanti e indignate pronte: "Taci! Sarai tu un merdoso di merda!" - "Forse che tu non caghi?" - proprio così, allora non si usava l'epiteto "stronzo" - troppo volgare! 😉🤗 (ripescato da vecchi brani promemoria, in attesa di essere ampliati riveduti e corretti) Buona domenica, ciao

6 commenti:

  1. Scomodissimi i bagni alla turca se sei una ragazza o se sei un maschietto che deve fare altro... E secondo me anche poco igienici

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  2. Anch'io ho sempre trovato scomodi i bagni alla turca. Lo dico perché da bambino a Genova a metà degli anni '60 nel palazzo dove abitavo (costruito all'inizio del '900) ognuno aveva il bagno in casa, seppur piccolo. Ma a pian terreno c'era il vecchio bagno comune alla turca e spesso succedevano le cose che hai descritto nel post.
    Un salutone e alla prossima

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    1. I miei ricordi risalgono ai primi anni 50.
      Ricordi di disagi, anche se non più di tanto, perché allora era così. Mio papà aveva delle perplessità a dotare di un bagno la casa. Pensava che fosse molto più igienico tenerlo fuori. Ma alla fine lo ricavò lui stesso con l'occasione dell'acquedotto comunale.
      Un caro saluto
      Nou

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  3. Mannaggia! Adesso mi scappa:
    Ciao Franca.

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