sabato 15 ottobre 2016

Anni cinquanta



Ho iniziato questo racconto con l'intenzione di riallacciarmi ai rispettivi post di Garbo e Antonio Caputo con qualche riferimento ai periodi storici dell'arte e del costume della seconda metà del secolo scorso, ma è meglio leggere i loro Qui e
Qui

La mia prima volta a Roma è stato nel 1968, per lo svolgimento della prova orale del concorso per un posto da impiegata al Ministero delle Poste e Telecomunicazioni.
Partire dal profondo Delta del Po per arrivare a Roma è stata un’impresa assai impegnativa. I collegamenti ridotti verso i luoghi da raggiungere la rendevano ardua. Andai a passare una notte nel pensionato delle Canossiane di Adria per poter arrivare il mattino dopo di buon’ora, tramite la corriera di linea, alla stazione ferroviaria di Rovigo, in tempo per la coincidenza per Bologna e quindi Firenze- Roma.
Quel viaggio era una grande occasione per me, un avvenimento che avrebbe potuto cambiarmi la vita ma sul quale nessuno era disposto a scommettere neppure un soldo, essendo considerato velleitario e uno sperpero inutile di denaro. Solo io e papà confidavamo in un possibile risvolto positivo.
E poi… sin dall’età scolare avevo espresso al papà il desiderio di recarmi nella capitale, dove si trovavano ancora tutti i monumenti della Roma antica di cui la maestra aveva tanto parlato durante le lezioni di storia.
Mi innamorai di Roma fantasticando sulla sua bellezza attraverso i  racconti della maestra e dalle foto sui testi scolastici. Papà lo aveva capito perché anche lui era un sognatore.
Il desiderio si intensificò guardando i film di Dino Risi degli anni 50, che mostravano la città storica e la vita delle persone comuni. Mi riferisco alla trilogia “Poveri ma belli”,  “Belle ma povere”, “Poveri milionari”.
Ero povera anch’io- nel Delta del Po era improbabile trovare la ricchezza se non per i proprietari terrieri che l’avevano, ma vivevano altrove-, e mi immedesimavo nella vita che scorgevo in quei film, pur essendo piccola pensavo che, appena fossi cresciuta di qualche anno, quella vita poteva essere anche la mia se fossi nata a Roma! Erano già avviate storie di amori nel mio paese, molto simili a quelle narrate nei film, fra i coetanei di mio fratello, giovani ventenni, nati poco prima della guerra, pieni di vitalità e goliardia: anch’essi “Poveri ma belli”!


 
I ragazzi del Delta imitavano un po’quei divi del cinema: le pettinature, i vestiti e si atteggiavano da farfalloni. Era l’ età degli amoreggiamenti. Io li osservavo divertita, magari colpita io stessa da innamoramenti platonici. Renato Salvatori era il mio prediletto.
Non avevo ancora 13 anni quando seguii i grandi per una giornata in spiaggia. Non mi volevano con loro, lo capii più tardi che non erano solo i bagni, il sole, le priorità nei loro interessi. Passai una giornata di disagio per non avere avuto una compagna della mia età e non mi godetti il battesimo del mio nuovo costume rosso, proprio come quello indossato da Alessandra Panaro, che modellava bene il corpo essendo di tessuto elastico, una novità per quel tempo.


Una novità anche per me giacché non pensavo di attirare gli sguardi degli amici di mio fratello, che non mi lusingavano, anzi mi disturbavano e non aspiravo ad altro che sguazzare nell’acqua.
E poi non erano troppo vecchi per me? Non so quando riflettei sulla differenza d’età, se quel giorno o successivamente quando uno di loro s’invaghì di me, ancora intimamente immatura e ebbi paura dei suoi sguardi ammiccanti - insomma! -  pretendeva forse di spupazzarsi una bambina!!!
Una bambina in un corpo di donna nell’età difficile dell’adolescenza. Io li vedevo bellissimi, gli amici di mio fratello che presto raddoppiarono il gruppo includendo le rispettive fidanzate.

Il racconto avra’ un seguito…non si sa quando!?!

22 commenti:

  1. Cara Nou, i primi 50, non erano così poi tanto belli!!! i pochi che ricordo sono stati tristi, la guerra ci aveva distrutti!!!
    Pensando hai secondi 50 la cosa ha leggermente migliorato, ma non del tutto,
    io ho dovuto emigrare per un avvenire migliore!!!
    Ciao e buona domenica, con un abbraccio e un sorriso:) sorridere fa bene!
    Tomaso

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    1. Caro Tomaso, per chi ha attraversato la seconda guerra mondiale, non può avere un buon ricordo, anche solo a sentirne parlare o leggerne. Ma dopo si voleva dimenticare e ricominciare una vita migliore ed è quello che i giovani ambivano. Si era poveri, ma si aveva la speranza di migliorare in futuro. Purtroppo quel tempo è finito,intendo quello della speranza. Ma credimi, i giovani la cercano ancora. E i bimbi ancora sorridono.
      Buona domenica anche a te e alla tua famiglia :-)

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  2. Che bell'affresco di vita vissuta ci hai regalato Nou.
    Ti ho quasi vista col tuo costume da bagno rossa mentre guardi delusa quella bella gioventù che ti passa a fianco e alla quale non sei ancora pronta.
    Una bambina che voleva restare bambina ancora un poco.
    Ti abbraccio e buona domenica.

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    1. Mariella, volevo senz'altro restare bambina e esplorare il mondo in modo spensierato.
      Grazie per le tue parole carine -:)
      Un abbraccio anche da parte mia e buona domenica anche a te.

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  3. Cara Nou,
    mi piace leggere ciò che scrivi perché ogni tua parola è vera, vissuta, sentita ed è capace di mettermi in contatto con te e con parti di me altrettanto vere e autentiche. Inutile dirti che io tifo perché questo tuo racconto continui, perché oltre a far bene a chi ti legge, penso possa far bene anche a te poter esprimere “pezzi” della tua vita e rivivere antiche emozioni.
    Tornando da Milano, città che frequento spesso per lavoro e che trovo ormai quasi del tutto priva di storia e di identità, mi sono chiesto come doveva essere negli anni 50/60, quando non solo esisteva una forte identità cittadina, ma c’erano altrettanto forti le appartenenza rionali, si era nati e cresciuti in un quartiere e si era orgogliosi di appartenervi.
    Anni in cui sono nati artisticamente Dario Fo, Franca Rame, Enzo Jannacci, e tanti altri, anni in cui la città riusciva ad attrarre artisti che di Milano non erano, ma che andavano ad arricchire la sua milanesità, anni in cui nascevano cose che sono poi rimaste indimenticabili.
    Lo stesso discorso vale per Genova, per Napoli e anche per Roma … solo che a Roma c’era il cinema, e la romanità è stata esportata molto più facilmente grazie proprio alle pellicole cinematografiche … a partire da allora siamo stati un po’ tutti romani, conosciamo il romanesco alla perfezione, è la lingua comica per eccellenza, i luoghi più belli di Roma li conosciamo tutti e i piatti della cucina romana sono noti in tutto il mondo (grazie alla diffusione del cinema neo-realista e alle pellicole che gli americani hanno girato in questa città).
    Abbiamo attraversato il periodo in cui l’identità cittadina si iniziava a perdere, di Roma (e di altre città) rimanevano solo cartoline per turisti, del “romano” solo la sagoma, del romanesco solo lo slang borgataro, il burinese, quello che faceva ridere.
    E dovunque noi abitassimo, abbiamo iniziato ad assomigliare ad Alberto Sordi, a Vittorio Gassman, a Ugo Tognazzi, a Renato Salvatori (a proposito è il biondo o il bruno di quelle pellicole?), hanno cominciato a piacerci donne che assomigliassero a Sophia Loren, a Gina Lollobrigida, ad Ava Gardner, e Brigitte Bardot.
    La nostra vita amorosa cominciava a seguire i copioni di Hollywood e di Cinecittà, come i nostri nonni avevano seguito le trame delle grandi opere della letteratura romantica, mentre oggi ci uniformiamo alla girandola sentimentale delle fiction e dei reality.
    Mode diverse, diversi modi di esprimersi, ma identici timori, sospiri, desideri, impulsi, batticuori, stessa sensazione che ciò che accade sta accadendo solo a te e mai nessun altro ha provato le stesse cose, stesso sentire il proprio sentimento come assoluto, unico e totale.
    Ciao e grazie per aver menzionato il mio post.

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    1. Caro Garbo,

      mi fai riflettere su come sono cambiate le città. A Milano, un tempo, uscivi dalla stazione centrale e trovavi il tram che ti portava in piazza Duomo. Sul tram c’era i bigliettaio che oltre a fornirti il biglietto, a richiesta, ti diceva dopo quante fermate saresti arrivato a destinazione. Era facile! Non eri solo su quel tram in mezzo a tanta gente: eri osservato dal bigliettaio che, caso mai, suonava lui il campanello per te. Presso la stazione c’era un bar che aveva i tavolini all’esterno sotto l’ombra di una pergola d’edera. Lì, io e mia sorella (rispettivamente 19 e 15 anni) abbiamo degustato il nostro primo toast (lo racconto qui-http://nounours-puntoevirgola.blogspot.it/search?updated-min=2012-01-01T00:00:00%2B01:00&updated-max=2013-01-01T00:00:00%2B01:00&max-results=33 in -Inseguendo un toast-),mentre eravamo in attesa della coincidenza per Sondrio, dove eravamo dirette per il matrimonio di una nostra amica. Ci era sembrata un’esperienza straordinaria. Allora non lo sapevo ancora che sarei ritornata a Milano un paio d’anni più tardi per passeggiare, mano nella mano con un fidanzatino lombardo, puro sangue (la madre non mi poteva vedere perché ero veneta e “migrante” in cerca di futuro). Forse è stato meglio così! Se non si fosse opposta, non sarei mai andata a Bruxelles, una bella città del nordeuropea, dove ho conosciuto persone che mi hanno accolta con benevolenza e rispetto ( lo racconto qui-http://nounours-puntoevirgola.blogspot.it/search?updated-min=2012-01-01T00:00:00%2B01:00&updated-max=2013-01-01T00:00:00%2B01:00&max-results=33in -Ragazza alla pari-). Bruxelles era un brulichio di persone, lungo i marciapiedi dei viali e sedute ai tavolini tutto attorno nella Grand Place. Al centro vi erano i venditori di fiori. In un viottolo non lontano c’era il teatro delle marionette, un luogo suggestivo questo nel 1969. Ci vissi per un anno. Quando ritornai nel 1983, la città sembrava deserta. Seppi che avevano costruito la metropolitana e che anche i negozi e tutte le attività si erano trasferite sotto terra, rimasi sconcertata.
      L’unica animazione en plaine air era conseguente al mercato rionale nei pressi della gare du midi e, senza quel riferimento il giorno dopo rischiai di infognarmi nella malavita locale, che però deve essere stata una malavita d’onore perché mi indicò subito la mia direzione da percorrere: mamma mia!!!
      Roma però è la mia città del cuore, quella in cui avrei voluto vivere.
      Ho fatto in tempo a catturare l’atmosfera degli ultimi attimi del neorealismo diffuso dall’industria cinematografica. Avrei e lo farò, un racconto a sé stante dell’approccio a quel mondo romano che mi sembra di aver riconosciuto nella ricerca di un lavoro.
      Garbo, non so bene se ho risposto appropriatamente al tuo commento, o se i miei pensieri hanno sgomitato un po’ alla rinfusa, pur di guadagnare l’uscita. Ti ringrazio per le belle parole e per il sostegno, che mi incoraggia a non mollare.
      Ciao Nou

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  4. Ma come, non si sa quando? Spero di leggere presto il seguito della storia!

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    1. Silvia, continuerò perché mi aiuta a focalizzare momenti si crescita e autonomia personali. E' un esercizio che mi serve per annodare gli anni della mia vita vissuta...un po' alla volta -:)

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  5. Io ti aspetto, sai bene quanto mi piace leggere i tuoi racconti :)

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    1. Grazie Cri, aspettami! Farò il possibile pe non dilungare l'attesa.
      Mi piace sapere che mi leggi...
      -:)

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  6. Un bel racconto di vita!
    Ti auguro un buon pomeriggio.

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    1. Ciao Cavaliere..
      E' importante trasferire alle parole ciò che si è stati o quantomeno, ciò che si pensa di essere stati e fissare le emozioni che contrassegnano la nostra autenticità.
      Un abbraccio, Nou

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  7. Ciao, Nou!
    Io sono nato quasi 20 anni dopo la fine della guerra, quindi negli anni '50 non ero ancora nato, ma ricordo che per es. negli anni '60((io ho iniziato a frequentare la scuola nel 1968) tra le persone c'era ancora un clima di grande solidarietà, o almeno ci si fidava abbastanza gli uni degli altri.
    Sicuramente, negli anni '50 il Paese era in piena ricostruzione dopo la tragedia della II guerra mondiale, ma c'era ancora tanta speranza...
    Quella speranza che una crisi economica e lavorativa senza precedenti, ci ha tolto del tutto, o quasi del tutto. Ed ora non c'è neanche la giustificazione della guerra...
    Tuo padre dimostrò una grande apertura mentale nel consentirti d'andare a Roma in quegli anni: sicuramente, ha dato un forte contributo alla formazione di quella donna così attenta e pronta ad interrogare te stessa ed il mondo che sei diventata!
    Molto interessanti anche le consideraziondi di Garbo: ormai molte città hanno perso la loro anima; perfino la mia Cagliari, quindi una città certo non famosa come Roma, Milano etc. etc., ha perso (nei suoi quartieri storici) quella connotazione di città operaia, artigiana e di pescatori che aveva fino a pochi anni fa. Che tristezza...
    Un abbraccio
    Riccardo

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    1. Ciao Riccardo, le città sono cambiate e anche noi stessi lo siamo. Un po' perché il tempo ci leviga e anche perchè oltre all'usura ci sono gli "usurai" e gli avvoltoi. Solo cinque o sei anni fa ricordo come si sperava che con il cambio di governo saremmo ridiventati quel che eravamo...che avremmo recuperato il nostro futuro... Non pensiamoci troppo. Tutto può accadere ancora e magari non sarà troppo impossibile da attraversare.
      Un abbraccio, Nou+

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  8. Ma come, non si sa quando? Spero di leggere presto il seguito della storia!
    Putlocker

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    1. Beh!..Sì!...Speriamolo -:)
      Grazie della visita. Nou

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  9. Aspettiamo tutti il seguito...brava!
    Un abbraccio da Beatris

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  10. Scrivi con calma, Nou: perchè scrivi sempre cose molto interessanti ed anche perchè l'attesa, rende poi la lettura ancora più "appetitosa."
    Intanto, buona domenica!

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  11. È di nuovo domenica e io sono ancora nel limbo creativo fino a... non si sa quando. Mi sto dedicando a cose pratiche come il cucire un cappottino per le due nipotine più grandicelle. Ci sto provando da 15gg con prima la ricerca di un cartamodello sul mensile di Burda, poi del tessuto e poi di tutto il resto: non ricordavo più di quanti piccoli accorgimenti e nozioncine fossero necessari per una buona esecuzione di un capo di abbigliamento: lo facevo un tempo per hobby. Ora li sto ultimando e spero di non deludere le aspettative delle bimbe.
    Il 26 Ottobre scorso è mancata mia mamma e penso che il prossimo post sarà dedicato a lei. Avrei dovuto, e l'ho pensato in diversi momenti, passare da te per darne notizia, invece ho rinviato come, purtroppo, è nella mia natura.
    Ho un elenco di cose in attesa molto lungo.
    Un abbraccio e buona domenica.

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  12. Oggi, a 13 anni ne avresti cambiati già cinque o sei, di ragazzi... :) Conosco il delta del Po, i parenti del mio compagno vengono - o venivano - da lì... qual è il tuo paese?
    Un abbraccio.
    Ibadeth

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    1. Ciao Ibadeth!, ti leggo con molto piacere.
      Quanta vita e quanti cambiamenti sono intercorsi durante questi nostri anni di frequentazione virtuale. Cambiamenti
      espressi o intuiti a tratti in modo
      trasparente, a tratti in forma velata o di metafora. Il Delta rimane per me il luogo mitico dell'infanzia e l'adolescenza. La mia infanzia è stata particolarmente felice. Ora è rimasta qualche conoscenza con cui mi sento affine.e alcuni parenti verso i quali sento distanza. Gli ultimi due anni di vita di mia madre sono stati rivelatori del loro sentimento estraneo ad una vicinanza familiare. Ho recuperato il senso stretto della mia famiglia originaria, escludendo le interferenze che l'avrebbero turbata. Un grande contributo n'è derivato da mia sorella. Ora siamo rimaste noi due. Mamma, papà, e il fratello sono sepolti a Polesinello. Noi siamo nate a Borgo Polesinino che dista circa tre km. Sono frazioni del comune di Taglio di Po. La zona è l'isola di Ariano nel polesine fra i rami del Po di Donzella e di Goro.
      Anche allora, i più erano precoci, ma io sono sempre stata ritardataria.
      Ciao carissima :-)

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