lunedì 19 luglio 2010

Avrei voluto essere a Palermo

Quando penso a Paolo Borsellino e Giovanni Falcone mi sento orgogliosa di essere italiana.
Essere italiani richiede impegno civile e responsabilità che ognuno di noi si può assumere combattendo l'illegalità nel quotidiano e dando l'esempio così, ai propri figli, riguardo al senso e al valore della giustizia. Piccole ingiustizie portano a grandi ingiustizie e l'uccisione di questi due grandi magistrati è una grave ingiustizia che va a rafforzare il dolore e la sconfitta del senso civile della popolazione italiana. Credo proprio che ricada su ognuno di noi. Possiamo essere degli italiani orgogliosi, ma molto lontani dall'essere e dal poter essere felici, finché una parte di noi decreterà stragi, deteriorerà il territorio, spaccerà la droga e renderà in schiavutù i suoi simili. Non dobbiamo accettare la minima illegalità, per non finire compromessi e ricattabili: la libertà passa per molte rinunce e atti di coraggio personali, prima di tutto, e collettivi. Non sto pensando a grandi gesti come quelli che hanno dovuto compiere Falcone, Borsellino, i loro collaboratori e tutti coloro che sono caduti per difendere la legalità in questo Paese, ma ai piccoli gesti che tutti noi compiamo o possiamo compiere ogni giorno nel dire no quando ci viene offerta la possibilità di eludere le regole.
Questo rifiuto attento e continuo ci darà il sapore fresco della libertà: è una questione culturale, soprattutto, come ci hanno spiegato e insegnato Loro con le parole e con l'esempio. Il gusto di una coscienza civile libera passa attraverso la consapevolezza di ciò che è giusto e ciò che è sbagliato a partire dalle piccole cose che formano lo spirito e la dignità di un individuo. Quest'uomo potrà poi comprendere le grandi e importanti questioni del vivere.
Oggi è una giornata di amarezza e di dolore per tante vite stroncate.
Avrei voluto essere a Palermo a testimoniare che non ho dimenticato.

16 commenti:

  1. Cara Nou, molto belle le tue parole che condivido appieno. Purtroppo in molti, troppi casi, assistiamo ad una gioventù sempre più 'bruciata' diretta verso uno stile di vita che dovrebbe farci riflettere tutti quanti, oltre che disgustare. Quante volte ho sentito ragazzini, ma anche bambini, affermare con sfrontato orgoglio che loro non spendevano inutili soldi per andare al cinema perchè i genitori gli scaricavano tutto quello che volevano dal web....troppe volte, e questa è l'educazione che vige oramai quasi ovunque.
    Tutto ciò mi provoca sempre una enorme e sdegnata tristezza.
    Ti lascio un caro saluto ed un abbraccio.

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  2. I confini fra il giusto e l'ingiusto, il bene e il male, sembrano spesso banali e insignificanti e, ragionevolmente, possono apparire di poco conto ad un adulto: trasgressioni lievi. Non lo sono per i ragazzi che si stanno formando una visione del mondo. Per loro deve essere chiara la differenza e preciso il limite. In questo siamo stati fortunati noi ultrassessantenni in cui tutta la società si sentiva responsabile dei giovanie si occupava del loro futuro. Oggi purtroppo questo è cambiato e i genitori o sono impreparati o non ce la fanno a contrastare questa mentalità ormai diffusa. Io, personalmente, ho cercato di seguire i miei figli consentendo loro di conoscere il loro/nostro ambiente sociale, ma criticando e anche polemizzando in certi casi. Ho cercato di dare un indirizzo morale. Credo di essere riuscita in parte, mi sembra che le loro scelte siano fondate su buoni principi. Certo bisogna dialogare molto e soprattutto dare un buon esempio ai propri figli. I genitori (a partire dalla mia generazione) si sono isolati in nuclei familiari ristretti e non hanno solidarizzano nel comune ruolo educativo. Quando un ragazzo è in strada non ha più attenzione da nessuno se non da chi può sfruttare la sua inesperienza della vita. Bisogna tornare alla qualità e alla profondità del vivere, lasciar perdere tante sollecitazioni inutili e dispersive: riconoscere quello che più conta per la nostra realizzazione individuale e sociale.
    Sembra che si stia compiendo una fase disgregativa del bene comune. Ciò che mi preoccupa più di tutto è la parcellizzazione della società. E' uno stato di estrema fragilità.
    Cara Lu, nonostante tutto, siamo in questa società dei comforts, finché durerà, e pur constatando ciò che non va dobbiamo riconoscere che la vita era veramente dura un lustro di decenni fa, quella a cui oggi guardiamo con romanticismo. Dovremo prendere consapevolezza che non si può mai cedere le armi e che oggi la guerra passa attraverso la persuasione, i media, e che dobbiamo sviluppare enormemente il nostro spirito critico e la nostra condotta morale.
    Scusami, per questa lagna sulle tante cose che penso si debbano fare, ma che alla fine si traducono in un modo di pensare molto più che in un modo di agire, ma vorrei veramente che si sviluppasse di nuovo una condivisione di obiettivi comuni e non condivisioni solo di consumi.

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  3. Come si può non essere d'accordo con tutto il tuo post e con tutto quello che te, cara Nours e la cara Lu avete scritto.
    Io non arrivo a farle queste riflessioni e ad esprimermi così bene pur condividendo il tutto.
    Mi serva da lezione.

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  4. Non hai bisogno di nessuna lezione, Aldo.
    Con il tuo blog tu ci regali "lezioni" magistrali di buona vita e ci fai stare bene in compagnia.
    Ciao e grazie, Nou.

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  5. Ci riprovo
    Ho letto questa frase "L'uccisione dei due Giudici è stata il nostro 11 settembre".sono d'accordo.
    Bella fonte il tuo blog
    Cristiana

    arrivata attraverso Aldo il monticiano

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  6. Cristiana, credo che la storia del nostro paese abbia subìto una svolta di cui ancora non vediamo i cambiamenti ma che sono in atto e procederanno allargandosi sempre più. Queste tragedie cambiano le coscienze e quindi i comportamenti. Contro questo la mafia non può nulla.
    C'è tanta gente che ama la legalità. Forse in tanti si sentono senza mezzi per combattere e anche il coraggio a volte può mancare, ma se si pensa che un semplice e possibile no a monte di una proposta poco chiara può evitare una compromissione futura: è un no che si può e si deve opporre. Sono i no che ognuno di noi è tenuto a dire comportandosi nel rispetto della legge civile e morale; ed è questa la via che i giudici Falcone e Borsellino ci hanno indicato, la sola che potrà sconfiggere la criminalità organizzata nella nostra società futura.
    Scusami se mi sono dilungata, ma è un tema che mi sento in dovere di dibattere.
    Grazie di essere passata, ricambierò presto anche se non sono sicura di riuscire a connettermi perché in certi blog ho provato inutilmente, nei giorni scorsi.
    Aldo il Monticiano è fortissimo!
    Caio, Nou.

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  7. Il problema, come dici ottimamente, Nou, è di tipo culturale.
    L'abitudine all'illegalità conduce (gutta cavat lapidem, la goccia scava la pietra come dicevano i Latini) progressivamente a considerare la "furberia" intelligenza ed il privilegio, diritto.
    L'intelligenza ed il senso critico, sterile polemica, incontentabilità ecc.
    Da quel momento in poi, comincia ad aprirsi la strada per violazioni della legge sempre più gravi ed odiose.
    Inoltre, certi non dicono i "no" che dovrebbero per un malinteso senso di quieto vivere, che purtroppo confina e sconfina nella discutibilissima morale di Don Abbondio.
    Ciao!

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  8. Grazie Riccardo per "l'ottimamente" e di essere passato. Gutta cavat lapidem: è un processo lento ma incisivo. Sempre minore sarà il numero di chi il coraggio non sa darselo se si parte sin da piccoli ad affermare piccoli discernimenti fra giusto-ingiusto, bene-male ecc. C'è un importante compito da svolgere per gli educatori in questo senso.
    A presto, Nou.
    Ciao :)

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  9. Condivido, Nou.
    Soprattutto quando parli del ruolo degli educatori.
    Purtroppo, sia tra (moltissimi) giornalisti, opinionisti ed intellettuali, per non parlare di ("stra-moltississimi") politici, prevale da qualche tempo la tendenza a premettere ai discorsi sulla legalità una frasetta che trovo odiosa.
    La frasetta è: "Il confine tra lecito ed illecito, morale e dimmorale è talvolta sottile."
    Questa, che può essere una premessa doverosa quando si discute di complessi e delicati temi estetici ed anche filosofico-morali, viene poi da discutibilissimi personaggi (spesso desolantemente ignoranti)elevata a verità di fede.
    Ma neanche quando si discute dei temi di cui sopra, si usa quella "premessa" per legittimare crimini e reati d'ogni sorta.
    Per es., Abelardo esaltava la morale dell'intenzione, scindendola dagli atti compiuti; ma questo non lo conduceva di certo a santificare abusi, violenze ed ipocrisie d'ogni tipo.
    A presto!

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  10. @ Riccardo.
    Secondo me, gli atti compiuti assumono una loro propria moralità ed è quella che viene interpretata come nuova forma di realtà. L’atto compiuto è il superamento dell’ intenzione che l’ha causato. Certamente, per quanto ne posso capire, Abelardo scindeva gli aspetti della realtà astratta rispetto a quelli della realtà pratica che determina il cambiamento delle cose. E certamente non confondeva di fatto, né nelle intenzioni, i due livelli; né ha cercato di avvantaggiarsene…o sbaglio? Potrei senz’altro sbagliarmi, il mio approccio alla filosofia è recente e considerami pure alla stregua di un allievo che ce la mette tutta per capirci qualcosa, ma che fa quello che può, pur impegnandosi fra difficoltà e dubbi.
    Ciò di cui mi sento assolutamente certa e quindi convinta, riguarda la delegittimazione della parola ( ne abbiamo un continuo esempio attraverso l’informazione mediatica): si dice tutto e il contrario di tutto. La parola viene smentita. La delegittimazione della parola soprattutto in ambito politico consente l’affollamento di tesi e antitesi senza giungere alla sintesi dei ragionamenti e quindi ad un nuovo assunto da cui ricominciare a tirare le fila.
    Gli atti compiuti sono le sole “sintesi” che mi appaiono evidenti e tangibili come: la guerra, la crisi capitalistica, la fame nei paesi sottosviluppati, la criminalità, quali frutto di una dialettica perversa. Come ricominciare da qui e…quando?
    Ti ringrazio per l’attenzione.
    Ciao, Nou.

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  11. Sì, Nou, hai capito perfettamente.
    Per Abelardo non contava tanto l'atto compiuto ma l'intenzione da cui esso nasceva.
    Per es., un giudice poteva condannare una persona perchè appunto essa era colpevole e solo per questo.
    Oppure perchè era colpevole, ma la vera intenzione del giudice era toglierla di mezzo affinchè egli potesse mettere le mani sui suoi beni, sua moglie, la sua rete di amicizie... Così, il giudice in questione si serviva della legge per fini bassi e personali.
    Sicuramente, la morale dell'intenzione non portò dei vantaggi ad Abelardo ma solo incomprensioni, persecuzioni, accuse e condanne di eresia, rischi di morte...
    Oggigiorno, la delegittimazione della parola risponde ad evidenti fini di potere; ciò va combattuto in tutti i modi legali e senza buonismi di sorta.
    Penso inoltre che la delegittimazione di cui sopra abbia "radici" antiche.
    In questo ha la sua responsabilità anche il cd pensiero debole, che circa una ventina d'anni fa aveva già iniziato una delegittimazione dei concetti di ragione, logica, progresso, fondazione dei concetti ecc.
    Anche "certa" cultura è quindi, purtroppo responsabile.
    Venendo ad un ambito più politico e concreto, credo che oggi si possa dire tutto ed il contrario di tutto, perchè nel nostro Paese la struttura economico-sociale e quella del consenso non è mai cambiata.
    Anzi, in un certo senso è addirittura peggiorata!
    Populismo, tendenza al plebiscitarismo, disprezzo verso la scuola e la cultura, attacco ai diritti dei lavoratori, uso massiccio della forza per reprimere manifestazioni e proteste, poca vera religiosità ma molto bigottismo, razzismo, militarismo...
    I membri della nostra classe dirigente: "Operano mossi da fini immediati, particolarissimi. Per raggiungerne uno solo, sacrificano tutto, la verità, la giustizia, le leggi più profonde e più intangibili dell'umanità(...).
    Sono gli ultimi relitti di un'italianità decrepita, uscita dalle sette, dalle logge, dalle vendite di carbone"."
    "I ministri, se vogliono governare, o meglio se vogliono rimanere per un certo tempo al potere, bisogna s'adattino a queste condizioni: essi non sono responsabili dinanzi a un partito che voglia difendere il suo prestigio quindi li controlli e li obblighi a dimettersi se deviano; non hanno responsabilità di sorta, rispondono del loro operato a forze occulte, insindacabili, che tengono poco al prestigio e tengono invece molto ai privilegi parassitari."
    Queste 2 citazioni sono tratte da scritti di Gramsci del '17 e del '18 (in A. Gramsci, "Piove, governo ladro!", a c. di Antonio Santucci, Editori Riuniti, pp.83 e 113).
    Desolante come dopo quasi 100 anni non sia cambiato niente...
    Ciao e scusa la... fluvialità del commento.

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  12. Riccardo, ti ringrazio per la fluvialità del commento!
    E' un commento che dà spunti di riflessione ed è drammaticamente sorprendente come la politica riesca a mantenere inalterato il sistema di governo che ci contraddistingue. L'opinione pubblica è manipolata. Non ce la farà a comprendere le scelte da esercitare in proprio favore perché c'è troppa strumentalizzazione nelle argomentazioni sostenute, a dispetto dei fondamenti etici di "Giustizia e Verità". Molti, e penso sia sempre stato così, sono infuenzati dalla propria cerchia e/o da ragionamenti superficiali, dato la difficoltà di entrare in profondità delle questioni anche se, oggi, molti risultati sono evidenti...Il quadro è desolante, ma spero che il restante dei "molti" non si lascerà abbindolare.
    E' impressionante l'attualità delle citazioni riportate.
    Ciao Nou.
    P.S. Il tuo libro , che sono molto curiosa di leggere "Dante avrebbe lasciato perdere" non è ancora arrivato. Spero nella prossima settimana.

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  13. Sono felice di vedere che siamo d'accordo anche se francamente, avevo pochi dubbi!
    Grazie per la fiducia ("Dante" ecc.).
    Magari, in estate la distribuzione dei libri è... difficilotta.
    Ciao!

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  14. Il romanzo prima o poi arriverà, non ho dubbi e comunque non dubito della mia determinazione a reperirlo.
    Grazie Riccardo per i tuoi commenti e per i tuoi scritti. Sono stimolanti al pensiero e alla mia voglia di imparare. Ho visto che hai curato la pubblicazione di "Lettere dal carcere" di A. Gramsci per D.Zedda Editore. Un po' alla volta aumento la tua conoscenza come scrittore e quella relativa ai temi da te trattati: mi inducono a fare ricerca e dedicarmi a buone letture.
    Il tuo racconto "I 26 anni di Pino" mi ha conquistata.
    Ciao e a presto.
    Nou

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  15. Ultimamente ti ho inviato un commento in cui ti ringraziavo per avermi cercata e trovata.deve essere andato perso.Mah!!!
    A presto
    Cristiana

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  16. Ciao Cristiana, non sono molto organizzata riguardo ai commenti. Non mi arriva la notifica e non so come attivarla. ogni tanto faccio un ripasso dei post... :)))

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