Il Romanzo
Mi sto imbattendo in questi
giorni ripetutamente sul tema del romanzo. Ne parlano gli intervistatori
televisivi e ne deduco debba essere un argomento di attualità.
In realtà il dibattito è
iniziato e ha cominciato a divulgarsi da qualche anno fra il popolo dei
lettori.
E’ un interrogativo che si
pongono diversi scrittori di nuova generazione. Alcuni dei quali destinati a
diventare i “classici” dei nostri nipoti e pronipoti.
Nelle mie già accennate
frequentazioni di corsi e laboratori di scrittura ho avuto modo di capire la
complessità dell’espressione letteraria.
I docenti si esprimevano nel
loro linguaggio erudito come è giusto che sia e che certamente io non sono in
grado di riportare (mannaggia ai miei esigui studi commerciali), MA mi hanno
fornito delle indicazioni utili alla scelta dello svolgimento dei miei testi.
Approccio la prosa cercando di non mescolare i generi e gli stili, e anche di
comporre il testo secondo il mio pensiero e sentimento: secondo me!
Uscendo dalla mia visione
personale, sento dire che il romanzo, come genere letterario sia morto, come
Dio per Nietzsche, come il mito di Prometeo per gli osservatori dei nostri
tempi.
Mi sembra che si voglia dire
che quell’uomo che esprimeva l’arte del romanzare sia scomparso. La mente
dell’uomo odierno sembra non essere più strutturata a tale costruzione. E cito
una frase di F.N. “Pensiamo troppo rapidamente e strada facendo, mentre
camminiamo, mentre attendiamo a negozi d’ogni genere, anche quando meditiamo su
quanto c’è di più serio; abbisogniamo di poca preparazione, perfino di poco
silenzio – è come se portassimo in giro nella testa una macchina
dall’inarrestabile rullio, che neppure nelle condizioni più sfavorevoli cessa
di lavorare.”
Gli scrittori sanno
sicuramente, tecnicamente, strutturare un romanzo: un romanzo con nella testa
l’inarrestabile rullio che tutti ci portiamo in giro, da più di un secolo
ormai.
Nonostante questo
indiscutibile cambiamento, tantissime persone vogliono raccontare. Molti usano
la forma del racconto breve o più o meno breve. Una docente dei proverbiali
corsi, si domandava se la forma del racconto non fosse un’espressione di genere
femminile, dato che molte donne l’adottano?
Io non saprei che dire. E,
sinceramente, era quello che volevo dire.
Una cosa è certa: viviamo un
rifiorire della prosa e della poesia e moltissime persone, moltissime!,
scrivono, come più pare e piace, ma scrivono malgrado tutto e questo è molto
stupefacente: chissà cosa ne avrebbe pensato il grande filosofo?!